Morto suicida Antonio Catricalà, grand commis dello Stato
La notizia della scomparsa di Antonio Catricalà per suicidio è arrivata in pieno pre- consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. L’ha annunciata visibilmente commosso il sottosegretario Roberto Garofoli, che ha chiesto a tutti un minuto di silenzio in ricordo del suo amico, collega e predecessore nella carica, trovato morto poco prima nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli. Catricalà, secondo quanto appreso da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola sul balcone della sua abitazione, e la moglie immediatamente accorsa non avrebbe potuto fare più nulla. La Procura di Roma – sul posto è arrivato nella mattina di ieri il pm di turno Giovanni Bertolini – ha aperto un fascicolo di indagine. Finora non sarebbero state appurate le cause del gesto, e non risultano biglietti o lettere d’addio.
Sposato, due figlie, 69 anni, calabrese di Catanzaro, Catricalà dal 2017 era presidente della società Aeroporti di Roma e nei giorni scorsi era stato nominato presidente dell’Igi, l’Istituto grandi infrastrutture. Ma la sua carriera fino al 2014 si era svolta interamente nello Stato, tutta per concorso: prima come magistrato ordinario e poi in sequenza avvocato dello Stato ( rappresentando anche lo Stato nel processo Moro) e infine consigliere di Stato, fino a diventare presidente di sezione. Laureato alla Sapienza in giurisprudenza era stato anche allievo di Federico Caffè, e comealumnus come alumnus del grande economista aveva conosciuto Mario Draghi, al quale era molto legato. Da subito entra nel circuito dei grand commis, negli uffici legislativi e poi come capo di gabinetto di vari ministri e consigliere giuridico. Nel 2000 è segretario generale della nascente Autorità delle Comunicazioni e poi quasi un quinquennio a Palazzo Chigi, come segretario generale, dove si consolida il rapporto stretto con Gianni Letta. Da lì arriva la nomina a presidente dell’Autorità Antitrust, periodo di grande attivismo su tutti i fronti della concorrenza. Nel 2011 Mario Monti lo chiama come sottosegretario alla Presidenza del governo tecnico, e nel 2013 è vice ministro al Mise, con delega alle comunicazioni, nell’esecutivo di Enrico Letta. Poi l’uscita dal Palazzo e l’avvio di una nuova stagione, come avvocato e uomo al vertice di imprese, ma anche di docente universitario negli atenei romani di Tor Vergata e Luiss, e autore di molti saggi giuridici e di economia pubblica.
Alla notizia, l’aula del Senato ha rispettato un minuto di silenzio, su invito della presidente Elisabetta Casellati, che ha espresso « il cordoglio personale e dell’Assemblea » alla famiglia. Tutti lo ricordano come « un vero servitore dello Stato » , ma soprattutto un uomo di grande sensibilità, competente, rispettoso, e allo stesso tempo fantasioso: « Era lo stile- Catricalà – ricorda un alto dirigente di palazzo Chigi che aveva lavorato a stretto contatto – aveva sempre un colpo di genio. Nel pieno rispetto delle regole era diretto, andava dritto al sodo, aveva sempre un guizzo, rifuggiva il formalismo procedurale e conosceva palmo a palmo le strutture. Una mente giuridica eccelsa, uno dei migliori » . Cordoglio tra gli altri del presidente di Assoaeroporti, Fabrizio Palenzona: « Era un punto di riferimento » . Un mese fa, in un intervento su « Mf » dal titolo « Quella stretta via tra Stato e mercato per rilanciare l’Italia » aveva scritto: « Nel dibattito pubblico quando si discute dell’intervento dello Stato nell’economia si evoca il fantasma dell’Iri additandolo a esempio negativo. Invece – dobbiamo ripartire proprio da quell’acronimo che indicava nella ricostruzione industriale la mission dell’Istituto. Siamo in una fase straordinaria, che richiede la mobilitazione di tutte le energie del Paese e l’abbandono di contrapposizione ideologiche » .