I pm di Milano: regolarizzare 60mila rider La Finanza a caccia di fondi inviati all’estero
Multa da 733 milioni ai marchi delle consegne di cibo a domicilio per irregolarità nella sicurezza sul lavoro: 90 giorni per mettersi in regola Aperto anche un filone di indagine sul fronte fiscale: focus sulle pratiche di Uber ma anche sulle altre socie
« Una inchiesta che non nasce da una denuncia o da un esposto. Ma dalla banale osservazione di ciò che accade sotto i nostri occhi ogni giorno, specialmente in questa fase di pandemia. Persone che consegnano cibo su biciclette spesso prive di luci, con pioggia o addirittura neve, senza diritti, senza assicurazione sanitaria, persone prive di qualunque tutela, costrette a correre da algoritmi implacabili che calcolano posizione, tempi di consegna, percorsi, ritardi con un rischio incidenti elevatissimo » . Così uno degli inquirenti descrive la genesi di un’indagine che ha portato alla notifica di ammende per 733 milioni di euro alle big four del delivery: Glovo- Foodinho, Just Eat, Deliveroo e Uber Eats Italy. Una cifra che, va detto, è al netto delle eventuali sanzioni che Inps o Inail potranno calcolare e decidere di comminare in seguito. Si tratta di un’inchiesta potenzialmente dirompente sull’intero sistema perché potrebbe portare a drastiche modifiche contrattuali per gli oltre 60 mila rider attivi in Italia.
A condurre l’inchiesta è stata la Pm Maura Ripamonti del sesto dipartimento della procura di Milano ( che si occupa, appunto di lavoro, salute e ambiente) coordinato dall’aggiunto Tiziana Siciliano. La delega alle indagini è stata affidata ai Carabinieri del Nucleo tutela del lavoro comandato da Antonino Bolognani, in passato alla testa del Nucleo investigativo dell’Arma a Milano.
Durante l’inchiesta i Carabinieri hanno avuto modo di esaminare le posizioni degli oltre 60mila rider che hanno operato dall’ 1 gennaio 2017 al 31 ottobre 2020 in tutta Italia per conto delle società Glovo- Foodinho ( 28.836), Uber Eats Italy ( 8.523), Just Eat Italy ( 3.642) e Deliveroo Italy ( 19.510).
Il filone tributario
Accanto alla questione lavoro e tutela dei diritti, la procura milanese retta da Francesco Greco ha aperto un altro filone di inchiesta, questa volta affidato al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano. Uno stralcio tutto fiscale teso a chiarire, in particolare, la natura della posizione tributaria di Uber Eats Italy, costola di Uber Italy ( gemmazione del colosso statunitense Uber), dal 28 maggio scorso sottoposto a un provvedimento di amministrazione giudiziaria del Tribunale di Milano per un’altra inchiesta sul caporalato. In particolare la procura intende a verificare se Uber Eats Italy abbia messo in piedi « una stabile organizzazione occulta » , ossia svolga il servizio in Italia ma con guadagni all’estero per evitare di pagare le tasse al fisco italiano. Verifiche analoghe, come ha avuto modo di apprendere il Sole 24 Ore, interesseranno anche le altre strutture societarie coinvolte che hanno propaggini e sponde all’estero. Qual è il dubbio? « I pagamenti dei clienti vengono effettuati on line - ha chiarito Greco - ma non sappiamo dove vengano percepiti questi pagamenti e nel frattempo il rapporto di lavoro dei rider è strutturato sul territorio italiano » . Come si vede un dispiegamento di forze che, a tenaglia, tende all’applicazione di regole che già esistono ma che i magistrati ritengono essere state sistematicamente disattese.
Il profilo giuslavoristico
Entrando nel dettaglio alle sei persone fisiche indagate ( amministratori, capiazienda e dirigenti) sono state contestate violazioni del decreto legislativo 81 del 2008, il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. Si va dagli obblighi non delegabili del datore di lavoro e del dirigente, agli obblighi di formazione e di informazione ai lavoratori in relazione allo stato di salute del fattorino, alla sua formazione anche in merito ai rischi, all’uso delle attrezzature di lavoro idonee e dispositivi di protezione individuale. Secondo la procura di Milano, le società coinvolte nell’inchiesta hanno inquadrato in maniera erronea i rider come lavoratori autonomi od occasionali, mentre dovrebbero essere ritenuti lavoratori parasubordinati. Ecco perché la Procura ha tenuto a sottolineare che i 60mila ciclofattorini dovrebbero essere inquadrati secondo l’articolo 2 del decreto legislativo 81/ 2005 con tutte le garanzie e le tutele previste per il lavoro subordinato.
Contestate violazioni del decreto legislativo 81 del 2008, il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro
Il profilo penale
Sotto il profilo penale i reati contestati rientrano nella fattispecie delle contravvenzioni e non dei delitti. Ed è per questa ragione che non è stata contestata alle persone giuridiche coinvolte la legge 231 del 2001 sulle responsabilità amministrative degli enti. Al contrario è stato possibile applicare le disposizioni del decreto legislativo 758 del 1994 che, in estrema sintesi, offre la possibilità di sanare le proprie posizioni versando le ammende entro 90 giorni. Questo offrirà agli amministratori coinvolti nell’inchiesta la possibilità di estinguere il reato.
La risposta di Assodelivery
In serata l’associazione che riunisce le società di delivery tra cui Uber Eats, Glovo e Deliveroo ha diffuso una nota in cui si afferma « oggi i rider che collaborano con le piattaforme operano in un contesto legale e protetto. Le piattaforme hanno operato in questi anni nel rispetto delle normative » . Dal canto suo Deliveroo fa sapere che « dal novembre 2020 i contratti dei rider che collaborano con noi sono disciplinati da nuovi contratti individuali che fanno riferimento al CCNL Rider » , mentre Just Eat tiene a precisare di avere avviato approfondimenti interni per effettuare le opportune verifiche: « siamo impegnati a garantire sempre più tutele, incrementando i livelli di sicurezza e contrastando eventuali fenomeni di illegalità » . Uber Eats poi fa sapere di non impostare turni o orari minimi e non imporre limitazioni per lavorare con altre app. « I corrieri possono accedere o disconnettersi dall’app, quando e dove vogliono » .