Rallenta la corsa dell’oro: minimi da otto mesi
Dopo i record dell’estate, il 2021 si apre con i maggiori ribassi degli ultimi 30 anni Ondata di riscatti dagli Etf, la reflazione spinge anche verso asset come il Bitcoin
Sembrava destinato a brillare a lungo dopo i record dell’estate scorsa, oltre 2mila dollari l’oncia. Invece l’oro è uno degli asset più deludenti del 2021, con un ribasso di quasi il 9% nei primi due mesi. Quotazioni ai minimi degli ultimi otto mesi, in discesa fino a 1.706,70 dollari a oncia.
L’oro sembrava destinato a brillare a lungo dopo i record dell’estate scorsa, oltre 2mila dollari l’oncia. Invece sono bastati pochi mesi per capovolgere lo scenario. Il metallo prezioso è uno degli asset più deludenti del 2021, con un ribasso di quasi il 9% nei primi due mesi di calendario, addirittura il peggior esordio degli ultimi trent’anni. Le quotazioni, prima di un modesto rimbalzo, hanno aggiornato anche ieri il minimo da otto mesi, scendendo fino a $ 1.706,70 dollari. E le banche, che fino a poco tempo fa sembravano giocare al rialzo con le previsioni, ora si affrettano a tagliarle. Per qualcuno il cambio di posizione è drastico: nei giorni scorsi Citigroup si è spinta addirittura a dichiarare concluso il ciclo rialzista del lingotto, oggi insidiato anche dalla concorrenza del Bitcoin, che sta attirando un’attenzione crescente e « sempre più difficile da ignorare » , non più soltanto tra i piccoli risparmiatori ma anche da parte degli investitori istituzionali.
A dare credibilità alla criptovaluta del resto sono intervenuti anche grandi nomi dell’asset management, compreso Jeffrey Gundlach di DoubleLine Capital, che fino a poco tempo fa dichiarava di non credere nel Bitcoin, ma un paio di settimane fa ha twittato che « potrebbe essere l’asset per lo stimolo, mentre non sembra che l’oro lo sia » .
A cambiare le carte in tavola sul mercato dell’oro non è comunque stato il Bitcoin, asset suggestivo ma supervolatile, quanto l’inattesa risalita dei rendimenti dei titoli di Stato Usa, che ha assunto una rapidità eccezionale a febbraio, quando il tasso sul decennale Usa è aumentato di oltre 50 basis point, fino a superare la settimana scorsa l’ 1,6%, un record da un anno. Nello stesso periodo l’oro – che non stacca cedole – ha accentuato le perdite, concludendo il mese con il peggior risultato da novembre 2016 (- 6%). La caduta ha provocato la rottura di diversi supporti tecnici, aprendo la strada ad ulteriori ribassi, almeno nel breve periodo.
La rotazione dei portafogli ispirata dal tema della reflazione è stata decisiva per interrompere la corsa dell’oro. La fuga dal lingotto è cominciata in parallelo alla grande corsa verso il petrolio, i metalli industriali e le materie prime in generale. Mentre il comparto attirava flussi di investimento da record e i fondi accumulavano posizioni rialziste sempre più aggressive, l’oro negli ultimi mesi ha perso quello che a lungo è stato l’unico vero motore di traino del suo rally: la domanda finanziaria.
In particolare sono crollati gli acquisti di Etf, che nei periodi più bui della pandemia erano stati così intensi da compensare ogni sacca di debolezza dei consumi, compreso il crollo senza precedenti delle vendite di gioielleria in Asia. A livello globale, stima Citi, il patrimonio degli Etf si è ridotto di oltre il 6% rispetto al record storico di 3.450 tonnellate raggiunto a metà ottobre 2020. I riscatti – cominciati nell’ultimo trimestre dell’anno scorso – hanno avuto un andamento irregolare. Ma a febbraio si sono intensificati, con flussi netti negativi per ben 83 tonnellate. Il maggiore Etf sull’oro fisico, l’SPDR Gold Trust, molto utilizzato dagli investitori istituzionali, lunedì ha visto ridursi il patrimonio ai minimi da maggio 2020.
Il cambio d’umore è rispecchiato anche dal posizionamento degli hedge funds, che da settembre hanno dimezzato l’esposizione rialzista netta al Comex, riducendola a 83mila lotti, il minimo da quasi due anni, grazie soprattutto un aumento delle posizioni corte: in pratica scomesse su una discesa delle quotazioni aurifere.
Il destino dell’oro non è necessariamente segnato. Alcuni analisti sono anzi convinti che il lingotto finirà col tornare in auge, se davvero l’inflazione prenderà piede: prospettiva plausibile considerata la grande quantità di stimoli che i governi stanno iniettando nell’economia. Un eventuale ritorno di interesse per l’oro dipenderà comunque in gran parte dal comportamento della Federal Reserve, che per ora non ha preso una posizione netta sul livello di inflazione che è disposta a tollerare.