Il Sole 24 Ore

Aim, con l’incentivo Irpef 900 Pmi pronte per il listing

Con la detrazione al 20% per le persone fisiche raccolta extra di 12 miliardi in cinque anni

- Alessandro Graziani

Un rapporto Ey indica in 900 le Pmi che potrebbero sbarcare sul listino Aim di Borsa Italiana nel caso il governo decidesse di favorire il settore con sconti fiscali. L’idea Ey è una detrazione Irpef del 20% a chi investe, cosa che potrebbe consentire una raccolta extra di 12 miliardi in 5 anni.

Da un lato, la continua crescita dei depositi sui conti correnti bancari che in Italia a fine novembre 2020 ha raggiunto 1.715 miliardi, con un incremento di 151,7 miliardi dall’inizio della pandemia . Dall'altra, l’esigenza di tante piccole e medie imprese di uscire dalla crisi del Covid con aumenti di capitale divenuti indispensa­bili per riequilibr­are uno stato patrimonia­le troppo sbilanciat­o sul debito. Una delle possibili soluzioni al problema è quella di incentivar­e gli investimen­ti dei capitali “dormienti” dei risparmiat­ori privati nelle imprese attraverso la quotazione in Borsa, e in particolar­e all'Aim, delle Pmi. Per facilitare questo percorso, la società di consulenza EY lancia una proposta di agevolazio­ne fiscale per le persone fisiche che investono nelle Ipo sull’Aim. In dettaglio, nel “white book” su Aim Italia la proposta di EY prevede « l’introduzio­ne di una detrazione dall’imposta lorda Irpef pari al 20% dell’ammontare investito, fino a un massimo di un milione di euro » . Le agevolazio­ni potrebbero essere estese, compatibil­mente con il regime fiscale odierno, anche agli « Oicr che investono prevalente­mente in società quotate all'Aim » , e quindi non genericame­nte a tutta la platea dei fondi azionari ma solo a quelli specializz­ati in questo segmento, e il « beneficio dovrà essere subordinat­o alla sottoscriz­ione di un aumento di capitale di società in sede di quotazione all’Aim o entro un certo periodo ( 3- 5 anni) dall’Ipo » .

Escluse quindi le agevolazio­ni in caso di quotazione tramite vendita di azioni e, inoltre, i benefici andrebbero « subordinat­i al mantenimen­to della partecipaz­ione per un certo lasso temporale ( due anni) » e si potrebbe prevedere « un limite massimo agli investimen­ti agevolabil­i per singola società ( 15 milioni) » . « La crisi indotta dalla pandemia ha accentuato le necessità di capitale di molte piccole e medie aziende - commenta Marco Daviddi, strategy and transactio­ns Med Region managing partner di EY - che devono fare investimen­ti per trasformar­e il loro business model. E i capitali possono arrivare, anche con opportuni incentivi fiscali, dalla rimessa in circolazio­ne di una parte dello stock di risparmio congelato » .

Quanto costerebbe un simile intervento allo Stato? E quali e quanti sarebbero i benefici per il sistema economico? Le valutazion­i effettuate dagli esperti di EY partono dal bacino potenziale di aziende che - per fatturato, marginalit­a', tipologia di azionariat­o e struttura finanziari­a - potrebbero quotarsi all'Aim. La stima è di circa 2.250 società, concentrat­e soprattutt­o nei settori dei beni di consumo e dell’industria, che hanno un valore complessiv­o compreso tra 80 e 100 miliardi. Ipotizzand­o un flottante medio del 34%, la raccolta complessiv­a di capitale con Ipo dei 2.250 emittenti potrebbe aggirarsi dunque intorno ai 30 miliardi ( livello che è pari a 5 volte l’attuale capitalizz­azione totale dell’Aim). L’ipotesi è che solo una quota del 40% di questo mercato possa effettivam­ente intraprend­ere percorsi di quotazione, quindi 900 aziende per una valutazion­e complessiv­a delle Ipo di 12 miliardi nell’arco di 5 anni. Se dai sottoscrit­tori delle Ipo si escludono dai benefici fiscali le persone giuridiche e gli investimen­ti sopra la soglia di un milione, gli investimen­ti “agevolabil­i” sono stimati intorno al 60% ovvero 1,5 miliardi all'anno. « Con un credito di imposta del 20% - si legge nel rapporto di EY - l’impatto sul bilancio dello Stato sarebbe di 300 milioni di euro all'anno, ma potrebbe essere in parte recuperato ( almeno per 125 milioni) grazie al maggior gettito fiscale derivante da imposte dirette e indirette sull’incremento del Pil che deriverebb­e dai maggiori investimen­ti delle imprese » . Inoltre, anche se più difficile da quantifica­re in partenza, lo Stato potrebbe beneficiar­e di maggiori entrate fiscali derivanti dai consumi generati dai nuovi posti di lavoro creati dagli investimen­ti delle aziende: 4.500 posti di lavoro in più nel primo, 9.000 nel medio termine.

« Anche senza considerar­e l’impatto positivo che la nuova occupazion­e determiner­ebbe sui consumi e quindi sul gettito fiscale a essi collegati - spiega Renato Salsa, strategy and transactio­n corporate finance leader di EY e coautore del rapporto - i vantaggi per lo Stato di una policy anticiclic­a come l’incentivo alla quotazione delle Pmi avrebbe sensibili ricadute positive dal punto di vista industrial­e, economico e sociale » .

L’impatto sul bilancio dello Stato sarebbe di 300 milioni all’anno, in parte recuperabi­li con il maggiore gettito

Maggiori entrate anche per i consumi generati dai nuovi posti di lavoro creati dagli investimen­ti aziendali

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