Aim, con l’incentivo Irpef 900 Pmi pronte per il listing
Con la detrazione al 20% per le persone fisiche raccolta extra di 12 miliardi in cinque anni
Un rapporto Ey indica in 900 le Pmi che potrebbero sbarcare sul listino Aim di Borsa Italiana nel caso il governo decidesse di favorire il settore con sconti fiscali. L’idea Ey è una detrazione Irpef del 20% a chi investe, cosa che potrebbe consentire una raccolta extra di 12 miliardi in 5 anni.
Da un lato, la continua crescita dei depositi sui conti correnti bancari che in Italia a fine novembre 2020 ha raggiunto 1.715 miliardi, con un incremento di 151,7 miliardi dall’inizio della pandemia . Dall'altra, l’esigenza di tante piccole e medie imprese di uscire dalla crisi del Covid con aumenti di capitale divenuti indispensabili per riequilibrare uno stato patrimoniale troppo sbilanciato sul debito. Una delle possibili soluzioni al problema è quella di incentivare gli investimenti dei capitali “dormienti” dei risparmiatori privati nelle imprese attraverso la quotazione in Borsa, e in particolare all'Aim, delle Pmi. Per facilitare questo percorso, la società di consulenza EY lancia una proposta di agevolazione fiscale per le persone fisiche che investono nelle Ipo sull’Aim. In dettaglio, nel “white book” su Aim Italia la proposta di EY prevede « l’introduzione di una detrazione dall’imposta lorda Irpef pari al 20% dell’ammontare investito, fino a un massimo di un milione di euro » . Le agevolazioni potrebbero essere estese, compatibilmente con il regime fiscale odierno, anche agli « Oicr che investono prevalentemente in società quotate all'Aim » , e quindi non genericamente a tutta la platea dei fondi azionari ma solo a quelli specializzati in questo segmento, e il « beneficio dovrà essere subordinato alla sottoscrizione di un aumento di capitale di società in sede di quotazione all’Aim o entro un certo periodo ( 3- 5 anni) dall’Ipo » .
Escluse quindi le agevolazioni in caso di quotazione tramite vendita di azioni e, inoltre, i benefici andrebbero « subordinati al mantenimento della partecipazione per un certo lasso temporale ( due anni) » e si potrebbe prevedere « un limite massimo agli investimenti agevolabili per singola società ( 15 milioni) » . « La crisi indotta dalla pandemia ha accentuato le necessità di capitale di molte piccole e medie aziende - commenta Marco Daviddi, strategy and transactions Med Region managing partner di EY - che devono fare investimenti per trasformare il loro business model. E i capitali possono arrivare, anche con opportuni incentivi fiscali, dalla rimessa in circolazione di una parte dello stock di risparmio congelato » .
Quanto costerebbe un simile intervento allo Stato? E quali e quanti sarebbero i benefici per il sistema economico? Le valutazioni effettuate dagli esperti di EY partono dal bacino potenziale di aziende che - per fatturato, marginalita', tipologia di azionariato e struttura finanziaria - potrebbero quotarsi all'Aim. La stima è di circa 2.250 società, concentrate soprattutto nei settori dei beni di consumo e dell’industria, che hanno un valore complessivo compreso tra 80 e 100 miliardi. Ipotizzando un flottante medio del 34%, la raccolta complessiva di capitale con Ipo dei 2.250 emittenti potrebbe aggirarsi dunque intorno ai 30 miliardi ( livello che è pari a 5 volte l’attuale capitalizzazione totale dell’Aim). L’ipotesi è che solo una quota del 40% di questo mercato possa effettivamente intraprendere percorsi di quotazione, quindi 900 aziende per una valutazione complessiva delle Ipo di 12 miliardi nell’arco di 5 anni. Se dai sottoscrittori delle Ipo si escludono dai benefici fiscali le persone giuridiche e gli investimenti sopra la soglia di un milione, gli investimenti “agevolabili” sono stimati intorno al 60% ovvero 1,5 miliardi all'anno. « Con un credito di imposta del 20% - si legge nel rapporto di EY - l’impatto sul bilancio dello Stato sarebbe di 300 milioni di euro all'anno, ma potrebbe essere in parte recuperato ( almeno per 125 milioni) grazie al maggior gettito fiscale derivante da imposte dirette e indirette sull’incremento del Pil che deriverebbe dai maggiori investimenti delle imprese » . Inoltre, anche se più difficile da quantificare in partenza, lo Stato potrebbe beneficiare di maggiori entrate fiscali derivanti dai consumi generati dai nuovi posti di lavoro creati dagli investimenti delle aziende: 4.500 posti di lavoro in più nel primo, 9.000 nel medio termine.
« Anche senza considerare l’impatto positivo che la nuova occupazione determinerebbe sui consumi e quindi sul gettito fiscale a essi collegati - spiega Renato Salsa, strategy and transaction corporate finance leader di EY e coautore del rapporto - i vantaggi per lo Stato di una policy anticiclica come l’incentivo alla quotazione delle Pmi avrebbe sensibili ricadute positive dal punto di vista industriale, economico e sociale » .
L’impatto sul bilancio dello Stato sarebbe di 300 milioni all’anno, in parte recuperabili con il maggiore gettito
Maggiori entrate anche per i consumi generati dai nuovi posti di lavoro creati dagli investimenti aziendali