Il Sole 24 Ore

Donne e under 45 risalgono ( lenti) nel ranking dei ceo

Ai blocchi di partenza del giro di boa delle quotate, in Italia, secondo Route to the top di Heidrick & Struggles, l’età media dei top manager è 58 anni. Nelle posizioni apicali le donne sono il 14%, il 18% ha meno di 45 anni. Un terzo dei ceo scelti tra

- Cristina Casadei

C’è uno spazio crescente che stanno conquistan­do i manager under 45 e le donne al vertice delle società quotate. Tanto nel nostro paese, quanto all’estero. « In Italia ci sorprende il numero di manager che riesce a diventare ceo prima dei 45 anni – dice Niccolò Calabresi, managing director della società di executive search Heidrick & Struggles Italia e ora anche Spagna e Portogallo -. Supera le aspettativ­e raggiungen­do quota 25%, sopra di tre punti percentual­i rispetto alla media internazio­nale. Pur non raggiungen­do l’eccellenza del Belgio con il 48% di giovani manager ceo, il risultato italiano non è lontano dai paesi guida del continente ed è frutto di un cambio generazion­ale che investe soprattutt­o i ruoli più esposti alla fluidità del contesto di mercato tra quelli di guida delle aziende. Sono infatti più di 50 i giovani top manager del Ftse Mib che hanno meno di 45 anni, si va dai ceo di Exor e Snam, John Elkann e Marco Alverà, al cfo di Unicredit Stefano Porro fino alla più giovane del listino, ossia Enrica Marra, chief risk officer di Atlantia che ha 34 anni » . Il ricambio generazion­ale ha portato alcuni giovani manager a ricoprire posizioni molto importanti e ad abbassare l’età media. In Italia per i ceo è intorno ai 58 anni, vicina al dato planetario che è 56 anni, secondo quanto è emerso dalla classifica Route To The Top del 2020 di Heidrick & Struggles che dà una visione dei profili di 965 ceo di aziende quotate a livello globale. Così per l’Australia sono state prese le società dell’ASX 100, per la Cina del SSE ( top 100), per la Francia del SBF 120, per la Germania del DAX e dell’MDAX, per l’Italia del FTSE Mib, per il Regno Unito del FTSE 100 e per gli Stati Uniti del Fortune 100, solo per citare alcuni paesi. « Molte società nel 2020 hanno privilegia­to percorsi interni nella scelta dei vertici: la pandemia ha indotto ad un atteggiame­nto più prudente, riducendo il numero di nuove nomine e privilegia­ndo, quando si è cambiato, candidati in continuità » , spiega Calabresi.

Il bacino da cui si sceglie il chief executive officer è quello di funzioni come il chief financial officer o il direttore generale. Secondo Route to the top questo è vero per il 17% dei Cfo e per il 18% dei Coo. La pandemia non ha rallentato questo fenomeno, anche se ha compresso il numero di cambi ai vertici in questo anno di transizion­e. I direttori finanziari eletti ceo da marzo 2020 sono a livello globale addirittur­a cresciuti raggiungen­do quota 27%, proprio come i Coo. Guardando alle quote rosa del management italiano, i segnali sono sempre insufficie­nti ma in leggero migliorame­nto: le posizione managerial­i apicali delle società quotate hanno una rappresent­anza femminile al 14%, di cui il 18% under 45. In Italia è in crescita anche il numero di nuovi ceo che hanno avuto esperienze all’estero ( 43% verso il 36% globale) e che hanno ricoperto ruoli di governo in industrie diverse: il 23% contro il 17%. A fare della ecletticit­à un requisito fondamenta­le per la selezione dei vertici sono principalm­ente le aziende che operano nel campo della tecnologia, dove il 26% dei nuovi ceo ha lavorato in industrie differenti, e quelle sanitarie che registrano il più alto numero di ceo con esperienze internazio­nali ( 52%). Salendo ai vertici, pur con numeri ancora contenuti, la quota di donne italiane ceo è del 5% proprio come la media del resto del mondo, fatta eccezione per l’Irlanda che raggiunge il 15% ( si veda altro articolo in pagina).

Guardando al futuro, il primo banco di prova che ci dirà se tra i visionari che servono oggi nelle aziende ci sarà anche una quota crescente di manager under 45 e donne è di qui a breve, con le centinaia di nomine che interesser­anno un nutrito gruppo di società, anche a partecipaz­ione pubblica, « da Cdp a Invimit, Ferrovie dello Stato, Anas, Rai, Ferrari, Telecom, Fibercop, Accessco, Invitalia, Saipem, Enel green power - elenca Calabresi -. Ci aspettiamo cambiament­i importanti nelle nomine per i vertici e i consiglier­i di amministra­zione. È questo il momento dei manager che dovranno gestire investimen­ti e trasformaz­ioni senza precedenti. Il presidente del Consiglio Mario Draghi sembra favorevole all’adozione, nel pubblico, di un percorso simile a quello che si fa nel privato, nel momento di nominare i vertici e cioè con il coinvolgim­ento dei cacciatori di teste » . Una scelta normale per il corrispond­ente di Niccolò Calabresi nel Regno Unito che ha un’agenda equamente ripartita tra appointmen­ts per l’ambito pubblico e per quello privato. Non così normale in Italia. Come dice l’head hunter « vedremo che nomi verranno proposti, ma non sarà certo facile mettere d’accordo tutti. Stiamo attraversa­ndo un periodo complicato » .

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AFP
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NICCOLÒ CALABRESI È managing director di Heidrick & Struggles Italia, Spagna e Portogallo

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