Il Sole 24 Ore

Prezzi ( ancora) bassi, ma i mercati sfidano le banche centrali

In Australia il governator­e contro la speculazio­ne La Cina lancia allarme bolla

- Morya Longo á@ MoryaLongo

Ieri è stata la Banca centrale dell’Australia a tirare le orecchie ai mercati: non sfidateci - ha in sostanza detto il Governator­e Philip Lowe - perché noi intendiamo rispettare l’obiettivo di tenere bassi i rendimenti dei titoli di Stato. L’istituto australian­o si è dato il compito esplicito di mantenere il tasso dei titoli triennali intorno allo 0,10%, ma nei giorni scorsi il mercato - impaurito per un ritorno dell’inflazione - l’ha spinto fino allo 0,15%. Così il Governator­e è sceso in campo: non ci sfidate - ha detto - « la Banca centrale è pronta a rafforzare la sua politica per perseguire questo obiettivo » . Sempre ieri dall’altra parte del mondo è intervenut­o anche Fabio Panetta, membro italiano del Consiglio Bce, con un obiettivo simile: gettare acqua sul fuoco della speculazio­ne. Facendo intendere che anche la Bce è pronta ad agire per contrastar­e l’aumento dei rendimenti sui mercati. E nelle scorse settimane si era speso - nella stessa direzione - anche Jerome Powell, presidente della Federal Reserve americana. Tutti pompieri.

Eppure l’incendio sui mercati non è ancora domato. Certo, i rendimenti negli ultimi giorni ( ieri incluso) sono scesi rispetto al picco toccato il 25 marzo: da allora i decennali statuniten­si sono “dimagriti” dall’ 1,51% all’ 1,41%, quelli tedeschi dal - 0,23% al - 0,35%, quelli italiani dallo 0,80% al 0,68% di ieri. Ma sono ancora tutti ben più alti rispetto a inizio anno. Anche le Borse si sono rilassate, come dimostra il super- rally di lunedì a Wall Street (+ 2,4%, maggior rialzo da giugno). Ma ancora le tensioni ci sono, come suggerisce l’andamento contrastat­o di ieri: Borse Usa deboli, Milano - 0,78%, Francofort­e + 0,19%, Parigi + 0,29%. Ai mercati le parole sembrano insomma non bastare più: ormai pretendono i fatti. Il timore che l’inflazione ( pompata dai grandi stimoli fiscali e monetari) possa sfuggire di mano è elevato, per cui i mercati iniziano a fare pressione sulle banche centrali perché facciano qualcosa di più. Nuove misure.

Per capire quali siano i timori basta guardare il dato, pubblicato ieri, dell’inflazione nell’area euro. Bene inteso, le preoccupaz­ioni sono concentrat­e sugli Stati Uniti. Ma anche in Europa qualche motivo di tensione c’è. Ieri l’indice dei prezzi, relativo al mese di febbraio, è uscito stabile rispetto a gennaio: + 0,9% la variazione annua. Ma questo non basta a calmare gli animi, perché il confronto è fatto con febbraio 2020, quando il Covid stava appena per iniziare. Il problema ci sarà quando arriverann­o i dati sull’inflazione di marzo, perché il raffronto sarà fatto con il marzo 2020: cioè con il mese dei lockdown e del petrolio Brent crollato da 54 a 22 dollari. Quest’anno con i super stimoli monetari e fiscali, e con il petrolio a 64 dollari, l’inflazione potrebbe salire non poco. « Secondo le nostre simulazion­i a marzo l’inflazione dell’area euro potrebbe aumentare, su base annua, da 0,9% a 1,5%, per poi arrivare anche a 2- 2,5% nel secondo trimestre e a 2,5- 3% nell’ultima parte del 2021 » , calcola Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. Ovvio che questo sarà un fenomeno momentaneo, dovuto al raffronto con un 2020 anomalo. Ma la domanda che si fanno i mercati resta: la Bce, con i suoi equilibri precari tra « falchi » e « colombe » , tollererà un tasso oltre il suo obiettivo del 2%?

Il timore vero riguarda però gli Stati Uniti, dove gli stimoli fiscali varati da Biden ( 1.900 miliardi) rischiano di surriscald­are l’economia. E dunque l’inflazione. Sul mercato c’è chi, come Adrien Pichoud, chief economist di Banque SYZ, ritiene che il picco di inflazione sarà ovunque temporaneo: « La combinazio­ne tra stimoli fiscali, monetari e vaccini creerà un mix tale da favorire una forte ripresa economica - osserva -. Questo porterà un aumento dell’inflazione, ma sarà una tantum: nel lungo termine il trend resta quello di inflazione bassa » . Tanti la pensano così, ma il timore resta: se il caro- vita salisse davvero tanto, la Fed riuscirà a non reagire? Questo è il dilemma.

A soffiare sul fuoco c’è poi la Cina: ieri Guo Shuqing, responsabi­le della commission­e bancaria e assicurati­va, ha lanciato l’allarme bolla speculativ­a. « I mercati finanziari sono scambiati a livelli elevati in Europa, Stati Uniti e altri paesi avanzati » , ha detto. Possibile che forse la temuta “stretta”, allontanat­a da Fed e Bce, possa arrivare dalla Cina?

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