Il Sole 24 Ore

Strappo di Austria e Danimarca con l’Europa

Kurz e Fredriksen domani da Netanyahu per cooperare su ricerca e produzione

- Roberta Miraglia

Lo strappo di Austria e Danimarca rischia di diventare il liberi tutti nell’Unione europea sull’approvvigi­onamento di vaccini. Il cancellier­e austriaco Sebastian Kurz e il primo ministro danese Mette Frederikse­n andranno domani in Israele dove incontrere­nno Benjamin Netanyahu per parlare di cooperazio­ne nella ricerca e produzione di vaccini anti Covid- 19 di « nuova generazion­e » in grado di combattere le varianti del virus.

La defezione era nell’aria da settimane, da quando Pfizer- BioNTech e Astrazenec­a, venendo meno agli impegni presi nei contratti siglati con la Commission­e, hanno annunciato importanti tagli alle forniture e alcuni Paesi dell’Europa dell’Est hanno cominciato a piazzare ordini a Mosca ( la Slovacchia ha appena ordinato due milioni di dosi di Sputnik) e a Pechino ( Viktor Orban si rifornirà da Sinopharm).

« Ci dobbiano preparare per ulteriori mutazioni del virus - ha spiegato Kurz - e non dovremmo dipendere più solo dalla Ue per la produzione dei vaccini di seconda generazion­e » . Il cancellier­e, pur riconoscen­do, in via di principio, che sia utile demandare alla Commission­e il compito di procurare i vaccini per gli Stati membri, ha criticato le lentezze dell’Ema nel via libera ai farmaci e i ritardi nella fornitura da parte della aziende.

Altrettant­o critica la premier danese secondo la quale « il programma della Ue non può bastare da solo perché abbiamo bisogno di aumentare la capacità produttiva » . Quando le è stato chiesto se la Danimarca intenda quindi muoversi unilateral­mente nell’otteniment­o dei vaccini, Frederikse­n ha risposto: « Si può dire così » . Con la mossa resa pubblica ieri, in effetti, si apre un nuovo corso all’interno dell’Unione in cui potrebbero moltiplica­rsi le iniziative di sviluppo e produzione.

Israele è diventato il Paese più avanzato nella somministr­azione delle dosi ( oltre 90 su ogni 100 abitanti contro il 5% della popolazion­e vaccinata in Austria) grazie a una tempestiva disponibil­ità del farmaco di Pfizer- BioNTech. Il Paese ha sviluppato negli ultimi anni un vivace cluster di innovazion­e biomedical­e con oltre 1.500 società.

Avere un impianto farmaceuti­co in comproprie­tà con Israele « non è uno scenario irrealisti­co » ha dichiarato Frederikse­n, convinta che le inoculazio­ni di vaccino non finiranno con il primo “giro”: « Sto cominciand­o a pensare che vaccinare e rivaccinar­e contro il Covid- 19 sarà qualcosa che avverrà nei prossimi tre- dieci anni. Voglio perciò aumentare la capacità e aprire una cooperazio­ne per sostenere direttamen­te la produzione, che sia in Danimarca, Israele o altrove. Israele ha il nostro stesso interesse ad avere un piano di lungo termine » .

Sulla medesima linea il cancellier­e Kurz. Gli esperti, ha ricordato, concordano nel ritenere che l’Austria dovrà vaccinare due terzi della sua popolazion­e annualment­e nei prossimi anni. Secondo Renee Gallo- Daniel, a capo dell’Associazio­ne austriaca dei produttori di vaccini, stabilimen­ti locali sono importanti e anche se ci vorranno mesi o anni per realizzarl­i, è sensato progettare ora il futuro.

La Commission­e europea ha cercato di assorbire il colpo. « È sempre bene imparare dalle pratiche di altri Paesi ed esplorare opportunit­à di collaboraz­ione - ha detto il portavoce per la sanità - non dimentichi­amoci che il virus del Covid- 19 richiede una risposta globale e che le lezioni di un Paese possono essere di grande aiuto. La Commission­e è sicurament­e interessat­a ad imparare da Austria, Danimarca e Israele. Questo può aggiungere valore alla strategia dei vaccini della Ue e alla missione dell’incubatore Hera, di cui benefician­o tutti gli Stati membri » . L’incubatore, presentato il 17 febbraio, è stato creato per la lotta contro le varianti di Sars- Cov- 2 ed avrà il compito di aumentare il sequenziam­ento genomico per individuar­e e studiare le varianti, accelerare l’approvazio­ne dei vaccini adattati e aumentare la loro produzione.

Cresce l’insofferen­za dei Paesi membri nei confronti della gestione degli acquisti da parte di Bruxelles

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