Il Sole 24 Ore

Fondi Ue in attesa dell’Accordo Meno programmi per spendere

80 miliardi da avviare in fretta. Partono gli incontri tra Carfagna e le Regioni

- Carmine Fotina

Far ripartire in fretta i lavori per l’Accordo di partenaria­to sui fondi europei 2021- 27 è la vera urgenza del ministero per il Sud. Il piano Next Generation Eu sta rubando la scena e sta concentran­do energie, ma si rischia di perdere di vista la partita della programmaz­ione prevista dal bilancio ordinario dell’Unione europea, che per l’Italia vale più della quota sovvenzion­i ( 68,9 miliardi) dello stesso Recovery Fund: includendo il cofinanzia­mento nazionale si superano 80 miliardi.

L’Accordo, che il governo deve siglare con le Regioni e che prevede anche il coinvolgim­ento delle parti sociali, è bloccato dai giorni della crisi del governo Conte, fanno sapere dalla Conferenza delle Regioni. Paralisi totale. Si è fermi al lavoro che aveva avviato il ministro Giuseppe Provenzano. Ieri il nuovo ministro, Mara Carfagna, sui temi ( tra gli altri) della nuova programmaz­ione e del Recovery Plan ha incontrato l’associazio­ne dei Comuni Anci e oggi avvierà un ciclo di incontri con i singoli governator­i delle Regioni. Ma per i fondi 2021- 27 serve riattivare una vera e propria sede di confronto allargata. Bisogna definire numero e caratteris­tiche dei singoli Programmi ( nazionali e regionali) in cui si scomporran­no le risorse e bisogna trovare un punto di intesa dopo che già a fine novembre le Regioni meridional­i avevano posto le prime obiezioni su una ripartizio­ne che rischiereb­be di vederle penalizzat­e nel calcolo pro capite rispetto alle Regioni più sviluppate e a quelle in transizion­e. Ricapitola­ndo, sono queste le cifre in gioco: 41,5 miliardi di fondi di coesione (+ 6,8 miliardi rispetto al ciclo 2014- 2020) ai quali aggiungere 1 miliardo per il Just transition fund per la decarboniz­zazione, 935 milioni per la Cooperazio­ne territoria­le europea e 13 miliardi del programma React Eu, la cui programmaz­ione è stata agganciata al Recovery Plan. Più, come detto, il cofinanzia­mento nazionale. Anche se è vero che i regolament­i comunitari sui singoli fondi sono ancora in corso di approvazio­ne, definire celermente l’Accordo di partenaria­to nazionale è essenziale per farsi trovare pronti quando sarà il momento di iniziare a spendere. La chiusura dell’Accordo era stata inizialmen­te promessa per gli inizi del 2021. È opinione comune dei tecnici che lavorano nel campo della politica di coesione che in passato procrastin­are l’Accordo ha fatto accumulare ritardi che si sono trascinati per l’intero ciclo di spesa. Sarebbe surreale aver chiamato al timone del governo Mario Draghi per riscrivere in poche settimane il Recovery Plan mentre si temporeggi­a sui fondi della politica di coesione. Senza contare che ci sono ancora 29 miliardi da spendere, entro il 2023, per chiudere la vecchia programmaz­ione 2014- 2020.

Bisogna entrare rapidament­e nel merito. Decidere ad esempio se mantenere lo schema che il ministro Provenzano aveva iniziato a proporre alle Regioni, basato su una riduzione dei Programmi ( da 13 a 8- 9 di quelli nazionali e per quelli regionali adozione di Programmi plurifondo che accorpino Fesr e Fse), fare scelte su alcuni potenziame­nti come il Programma Metro per le aree urbane. Potrebbe non essere né rapido né facile trovare un’intesa con le Regioni che in alcuni casi ( e lo ha fatto anche la Lega, nuovo partner di maggioranz­a) hanno già lamentato la centralizz­azione dei 13 miliardi del React Eu e dei 21 miliardi quello del Fondo sviluppo e coesione collegati al Recovery Plan.

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