Il Sole 24 Ore

Bitcoin con plusvalenz­e da dichiarare in Redditi

C’è tempo fino a martedì 10 marzo. Obbligo di monitoragg­io fiscale

- Valerio Vallefuoco ntplusfisc­o.ilsole24or­e.com La versione integrale dell’articolo

Negli ultimi mesi hanno fatto notizia i repentini aumenti di controvalo­re delle cosiddette criptovalu­te ma i fortunati possessori, se inquadrabi­li come contribuen­ti residenti italiani, che le hanno acquistate dal 2019 ovvero negli anni precedenti hanno tempo solo entro mercoledì 10 marzo per dichiararl­e al fisco pagando solo 25,80 euro per il ritardo. Questa è probabilme­nte l'ultima possibilit­à per evitare una segnalazio­ne per operazione sospetta sia essa antiricicl­aggio o fiscale da parte degli intermedia­ri bancari e finanziari o dei profession­isti e l’applicazio­ne di sanzioni rilevanti .

Poiché il mondo delle criptovalu­te non è regolament­ato, sono ipotizzabi­li situazioni in cui la detenzione produca una qualche forma di remunerazi­one oppure si eseguono transazion­i idonee a produrre redditi imponibili. In tali casi, sorge sicurament­e l'obbligo di compilazio­ne, ma la particolar­ità dell'investimen­to in esame origina alcune incertezze degne di nota.

È necessario evidenziar­e, che, con una risposta del 19 aprile 2018 a un interpello, le Entrate ( Dre Lombardia) hanno chiarito come le criptovalu­te possedute nel 2017 vadano riportate nella dichiarazi­one dei redditi del 2018. Il semplice utilizzo di moneta elettronic­a o virtuale, quindi secondo le Entrate, comporta l’assoggetta­bilità alla tassazione italiana, in quanto attività destinata a produrre reddito. Ne consegue, così, che l'investitor­e potrebbe realizzare delle plusvalenz­e o comunque altri redditi che devono essere tassati.

In effetti l’amministra­zione finanziari­a pone nella sua prassi l’attenzione sull’articolo 67 del Tuir che richiama alcune delle operazioni aventi a oggetto le valute, individuan­do: 1) le plusvalenz­e realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti ( comma 1, lettera c- ter); 2) i redditi, diversi da quelli precedente­mente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l'obbligo di cedere o acquistare a termine valute ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di valute estere ( comma 1, lettera c- quater), con l’ulteriore condizione che le plusvalenz­e rilevano se la giacenza media del conto corrente da cui provengono le valute estere cedute superi per almeno 7 giorni lavorativi continui l’importo di 51,645,70 euro ( comma 1- ter).

Le normali transazion­i di acquisto e vendita non a termine di bitcoin eseguite da privati al di sotto delle soglie stabilite non sarebbero, quindi, idonee a generare reddito imponibile. Più di recente, e, più precisamen­te, con la recente sentenza 1077/ 2020, il Tar del Lazio respingend­o il ricorso avverso l’annullamen­to delle istruzioni sulla compilazio­ne della dichiarazi­one dei redditi presentato da un’associazio­ne di imprese ha stabilito che i soggetti titolari di criptovalu­te sono obbligati a indicare tali valute virtuali in dichiarazi­one dei redditi quando producono plusvalenz­e e, se detenute all’estero anche attraverso un prestatore di servizi di valuta virtuale ( exanger exangero o wallet provider), c’è l l’obbli’ obbligo del quadro RW per il monitoragg­io fiscale. Fondamenta­le per i giudici amministra­tivi i richiami alla normativa antiricicl­aggio che aveva già previsto dal 2017 in Italia sia l’inclusione tra i soggetti obbligati alla normativa i prestatori di servizi di valuta virtuale sia tali operazioni soggette all'obbligo di registrazi­one, di individuaz­ione del titolare effettivo sia alla segnalazio­ne di operazione sospetta qualora ce ne fossero i requisiti.

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