Caso Tercas e risarcimenti Ue: ecco le carte in mano all’Italia
La decisione della Corte di Giustizia Ue rende più forti ( ma sempre difficili) le richieste di danni a Bruxelles. Ma lo Stato ha un’altra opzione: tenere il credito per le prossime vertenze
La decisione della Corte di Giustizia europea sulla vicenda Tercas chiude una parentesi nella storia bancaria italiana, ma al contempo apre a nuovi importanti scenari. Schiude la possibilità che siano intentate azioni per la richiesta del risarcimento danni, sulla base dell’articolo 340 del Trattato di Roma secondo il quale la Ue è responsabile per i danni causati dai propri organi.
In verità qualcuno si era già mosso. E aveva chiesto ristoro all’indomani della prima sentenza del Tribunale europeo del marzo 2019: ilgiudic eU e dichiarò illegittima l’ interpretazione dell’ Antitrust europeo che configurava come aiuto di Stato l’ intervento del Fondo interbancario per la tutela dei depositi ( Fitd) a supporto di banca Tercas a fine 2015, in vista dell’ acquisizione da parte della Banca Popolare di Bari. Un ricorso alla Corte europea per risarcimento danni è stato presentato a settembre 2019 dagli azionisti di Banca Tercas: Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, Montani Antaldi Srl , Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi , Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata. E in verità anche la Popolare di Bari della gestione Jacobini, quindi prima del passaggio sotto il controllo pubblico di Mcc avvenuto nel 2020, aveva avviato una richiesta di risarcimento, che però non è stata reiterata dopo il cambio di controllo.
Nonostante ciò, è tutt’altro che scontatol’ e sito di queste cause el ep roba bilitàtatol’ e si todi queste cause e le probabilità di successo sono vincolate dai limiti molto stringenti previsti perilri conoscimolto stringenti previsti perilri conoscimento del danno e dalla giurisprudenzamento del danno e dalla giurisprudenza della Corte su questo tipo di ricorsi.
Al di là delle azioni risarcitorie, un'altra opportunità si configura all'orizzonte: la possibilità che l’errore, ormai sancito in via definitiva, commesso dalla Direzione concorrenza della Commissione nel caso Tercas, e che inficiò l'utilizzo del Fitd in tutte le altre crisi bancarie che sono seguite, sia fatto valere dallo Stato italiano e dai suoi rappresentanti. Una sorta di credito da cristallizzare e da far valere con l’Antitrust europeo quando ci saranno nuove partite creditizie da chiudere, a partire dal Monte dei Paschi.
Questo obiettivo avrebbero le banche italiane oltre al risarcimento del danno, che è stato chiesto espressamente dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sia per gli istituti di credito che per i risparmiatori. Basta pensare al salvataggio della Popolari di Bari, avvenuto dopo la sentenza del Tribunale Ue e che non sembra aver placato la posizione oltranzista della Direzione concorrenza. Il Fitd inizialmente doveva contribuire in modo limitato alla copertura delle perdite della banca prima dell’ingresso del socio pubblico Mcc. Alla fine però, e in virtù delle richieste dell’Antitrust, il conto è salito fino a un esborso complessivo di 1,6 miliardi, di cui 1,2 miliardi a carico del fondo. Le azioni acquistate per 483 milioni da Fitd nell’ambito dell’aumento di capitale da 933 milioni è stato necessario cederle a Mcc per un euro. Il rischio che il film si ripeta per Mps o per altre crisi bancarie non è remoto.
Le banche, in ogni caso, più che i risparmiatori, azionisti o obbligazionisti, o lo Stato o il Fitd, sarebbero i soggetti legittimati ad essere ristorati dal danno subito. L’uscita di scena del Fitd nella parte obbligatoria ha avuto un costo netto aggiuntivo per il sistema di quasi 3 miliardi di euro, che è stato versato al Fondo di risoluzione. Anche se, come dicevamo, ottenere un ristoro dalla Commissione non è cosa semplice. « È irrealistico dimostrare una responsabilità della Commissione – spiega Mario Todino, legale dello studio Jones Day che ha assistito la Banca d’Italia nel ricorso su Tercas -. La giurisprudenza della Corte di Giustizia richiede, affinchè sia ravvisabile responsabilità, un grave errore in cui c’è una colpa grave. Le fattispecie ammesse sono limitate: in particolare nei casi in cui vi è scarsa discrezionalità della Commissione, come ad esempio nel caso di una violazione di un diritto di difesa o fondamentale. Nel caso in cui la decisione dell’istituzione ha margini di discrezionalità si fa fatica dimostrare la violazione tale da implicare necessità risarcimento. C’è, inoltre, la difficoltà di provare il nesso di collegamento tra la decisione assunta e il danno preteso » . Altra questione: lo statuto della Corte prevede che il risarcimento possa essere chiesto entro 5 anni dalla causa del danno; i termini sarebbero scaduti a fine 2015 e per questo le Fondazioni di Tercas si sono attivate. Il punto è però controverso, perché c’è chi sostiene che l’impugnativa presso il Tribunale Ue ha interrotto i 5 anni
‘‘ L’ « errore di diritto » della vecchia Commissione Ue deve essere adeguatamente risarcito