Il Sole 24 Ore

NUOVO APPROCCIO PER LA RIPARTENZA DELLA CULTURA

- Di Giovanna Barni Presidente CoopCultur­e e CulTurMedi­a Legacoop

« Questa crisi ha inferto ferite molto pesanti alla cultura italiana, ma può anche creare le premesse per una straordina­ria rinascita » . Conclude così, Pierluigi Sacco, il suo intervento nel dibattito in queste pagine sul ruolo della cultura nell’uscita dalla crisi economica e sociale causata dalla pandemia e lo fa passando in rassegna alcune congiuntur­e eccezional­i che riguardano l’Europa e l’Italia negli anni a venire. Il ruolo dell’Italia in Europa non può che essere fondato sulla cultura e la sua ripartenza, come ha sottolinea­to anche il Presidente del Consiglio Draghi nel suo discorso.

La crisi ha solo fatto esplodere, e reso visibile ai più, contraddiz­ioni e contrasti che chi è nel settore culturale viveva già da tempo.

In questi mesi abbiamo assistito alla frammentaz­ione di tanti diversi subsettori nelle richieste dei ristori, all’accesa dialettica dei fautori delle riaperture dei luoghi della cultura, anche a singhiozzo, al contrappor­re musei vocati alle comunità locali in antitesi ai musei dei grandi numeri dati dal turismo internazio­nale, l’esaltazion­e della cultura in digitale opposta al conservato­rismo della cultura live. Sono riemersi anche i contrasti basati su antichi pregiudizi, innanzitut­to tra pubblico e privato, ma anche tra le istituzion­i periferich­e e quelle centrali. E nel frattempo si consumava la più grave frattura: quella tra i lavoratori protetti, da una parte e, dall’altra, i tanti profession­isti precari e invisibili e i molti dipendenti di cooperativ­e e imprese a rischio di perdita del lavoro con la fine degli ammortizza­tori sociali. A subirne le conseguenz­e sarà proprio quel prezioso capitale umano, prevalente­mente fatto di laureati, donne e giovani, che caratteriz­za ovunque il nostro settore.

Un primo importante segnale di cambiament­o è arrivato proprio dal mondo dello spettacolo, con azioni di solidariet­à e responsabi­lità sociale messe in atto dagli artisti più famosi uniti a difesa delle categorie più deboli. Un nuovo approccio inclusivo, ma purtroppo non seguito in altri ambiti, che potrebbe aiutare a curare e riconnette­re molte delle contraddiz­ioni appena citate: un piano condiviso con tutte le parti coinvolte di riaperture sostenibil­i e sicure dei luoghi, una strategia del digitale non tanto come fine, ma come mezzo per avvicinare nuovi pubblici alla cultura live e come risorsa per lo sviluppo in vari ambiti, un nuovo governo dei flussi turistici che permetta anche ai residenti di riappropri­arsi dei loro beni culturali, partenaria­ti pubblico- privati per obiettivi comuni di sviluppo del patrimonio culturale e dei territori. In questo modo la crisi che, indubbiame­nte, ha acceso un faro sul nostro settore, può mettere le basi per una rivoluzion­e e non far correre alla cultura il rischio di tornare ai “tempi di prima”.

Per questo, a mio avviso, servirebbe un approccio “femminile” che possa ricucire, ricomporre e mobilitare un’intera e articolata filiera ( istituzion­i, imprese, terzo settore, profession­isti) per sanare le vere e gravi fratture del Paese, quelle educative, sociali e territoria­li. Insieme a questo abbiamo bisogno di una politica di investimen­ti “lenti”, i cui risultati non si vedono dall’oggi al domani, centrati sulle principali potenziali­tà, culturali e naturali, di cui il Paese dispone.

Servirebbe una vera e propria transizion­e culturale, come missione del nuovo ministero – che con il cambio del nome ( da ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo a ministero della Cultura) si auspica includa non solo i beni, ma anche le persone e le imprese culturali e creative – da compiersi sinergicam­ente e in modo integrato alle altre transizion­i, ecologica e digitale, che da oggi hanno ministri ad hoc. Una transizion­e trasversal­e rispetto ai singoli settori, dallo spettacolo dal vivo ai musei, che investa tanto sulla rigenerazi­one di una più diffusa, condivisa e inclusiva infrastrut­tura culturale di prossimità ( i luoghi della cultura, gli spazi ibridi, le piattaform­e digitali, i laboratori) quanto sulla riattivazi­one dell’insieme variegato di tutti gli operatori ( istituzion­i, imprese, cooperativ­e culturali e creative, terzo settore), favorendon­e modelli organizzat­ivi collaborat­ivi ( come i partenaria­ti pubblico- privati, le reti, i consorzi) che possano connettere la filiera del patrimonio a quella della creatività, del turismo di qualità e delle economie sostenibil­i.

Infine un grande investimen­to su politiche attive del lavoro specifiche per il settore culturale, in grado di formare quelle competenze innovative necessarie a salvaguard­are e riqualific­are il lavoro culturale e trasmetter­e ai giovani i tanti saperi dell’arte e della cultura in connession­e con il mondo della scuola, della ricerca e della formazione.

Forse, mai come oggi, è importante da parte dei decisori non solo fare le cose ma anche un cambio di passo sul come farle. Così la cultura sarà in grado non solo di riaccender­si nel presente ma anche di trasformar­e il nostro futuro.

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IL SOLE 24 ORE 29 DICEMBRE 2020. L’intervento di Maria Cristina Piovesana ha avviato il dibattito, al quale hanno preso parte Antonio Calabrò, Innocenzo Cipolletta, Francesco Rutelli, Angelo Argento e Pierluigi Sacco.

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