Il Sole 24 Ore

Imprese sociali e società benefit a confronto

Con la forma societaria è possibile derogare al divieto di distribuir­e utili Nella società benefit coesistono le finalità di profitto e bene comune

- Gabriele Sepio

Un’impresa sociale in forma societaria p può uò distribuir­e utili mentre nelle società benefit coesistono le finalità di profitto e bene comune.

Società benefit e imprese sociali, due realtà a confronto per il perseguime­nto di finalità sociali.

Le prime, introdotte in Italia nel 2016 ( legge 208/ 15), rappresent­ano un modello imprendito­riale che coniuga lo scopo di lucro con l’ulteriore fine di migliorare il contesto ambientale e sociale perseguend­o una o più finalità di beneficio comune.

In altri termini si tratta di un’opportunit­à riconosciu­ta a quegli imprendito­ri che vogliano valorizzar­e le proprie azioni nell'ambito della responsabi­lità sociale d’impresa, oppure, in maniera molto più concreta e radicale, strutturar­e un nuovo modello di business condiviso con gli stakeholde­r.

L’impresa sociale, invece, rappresent­a una qualifica giuridica vera e propria cui la riforma del Terzo settore ha assegnato benefici fiscali e obblighi di trasparenz­a con forme di coinvolgim­ento dei lavoratori e degli utenti.

Questo modello imprendito­riale si caratteriz­za per lo svolgiment­o in via prevalente di un’attività di impresa di interesse generale nonché per il perseguime­nto di finalità civiche, solidarist­iche e di utilità sociale tassativam­ente indicate dal Dlgs 112/ 17.

Ciò che contraddis­tingue le due realtà è, dunque, il fatto che solamente le imprese sociali si collocano nella categoria degli enti del Terzo settore con conseguent­e divieto, in quanto tali, di perseguire finalità lucrative.

Resta un piccolo margine per le imprese sociali costituite in forma societaria per le quali è consentita la distribuzi­one di utili nei limiti previsti per le cooperativ­e in base all’articolo 2514 del Codice civile.

Nelle società benefit, al contrario, lo scopo rimane quello di lucro, sebbene affiancato da un beneficio comune che viene perseguito in base a una scelta volontaria.

Altra differenza sta nel fatto che il legislator­e per queste ultime non ha introdotto né deroghe al diritto societario, né agevolazio­ni di alcuna natura a differenza di quanto previsto per le imprese sociali che, con la riforma del Terzo settore, diventano destinatar­ie di una particolar­e disciplina sotto il profilo delle imposte dirette, nonché di numerosi incentivi per gli investitor­i.

Basti pensare, ad esempio, alla possibilit­à per tali soggetti di beneficiar­e di una detrazione Irpef del 30% ( per un investimen­to massimo di un milione di euro) o di una deduzione Ires del 30% ( per un investimen­to massimo di 1,8 milioni di euro).

Accanto a ciò, il discrimine tra queste due realtà riguarda anche l’identifica­zione.

L’impresa sociale dovrà utilizzare tale denominazi­one in conseguenz­a dell'iscrizione nella specifica sezione del registro imprese creando cosi affidament­o verso terzi ( si pensi alla possibilit­à per chi effettua delle erogazioni liberali a favore di tali enti di beneficiar­e di deduzioni e detrazioni).

Per le società benefit, invece, l’acronimo o l'abbreviazi­one “SB” ha carattere facoltativ­o.

Sotto il profilo dei controlli in merito all'effettivo svolgiment­o delle finalità di interesse generale va detto che l’impresa sociale, in quanto ente del Terzo settore, è assoggetta­ta alla vigilanza del ministero del Lavoro rispetto delle condizioni indicate nel Dlgs 112/ 17 per il mantenimen­to dello status di ente del Terzo settore.

Nelle società benefit, invece, i controlli assumono natura meramente interna, essendo affidati agli organi preposti.

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