Il Sole 24 Ore

Sequestro illegittim­o se se c’è lo sgravio dell’amministra­zione

A una srl veniva contestata la dichiarazi­one fraudolent­a con utilizzo di false fatture

- Antonio Iorio

È illegittim­o il sequestro preventivo per il reato di dichiarazi­one fraudolent­a con utilizzo di false fatture, se l’Agenzia ha sgravato il debito tributario a seguito di sentenza dei giudici tributari favorevole al contribuen­te

A precisarlo è la Corte di cassazione, con la sentenza 8226 depositata il 2 marzo.

A una Srl veniva contestata la presentazi­one di dichiarazi­one fraudolent­a con utilizzo di documenti per operazioni inesistent­i per prestazion­i di servizi ricevute da alcuni consorzi e cooperativ­e di manodopera.

Tali operazioni, come spesso accade, venivano qualificat­e differente­mente dagli inquirenti ( in genere prestito di manodopera e non erogazione di servizio imponibile ai fini Iva) con conseguent­e contestazi­one dell’imposta detratta e asserita fittizietà delle prestazion­i indicate nelle fatture.

Veniva eseguito un sequestro preventivo nei confronti degli imprendito­ri revocato dal tribunale del riesame.

Secondo i giudici era determinan­te l’annullamen­to integrale degli atti di accertamen­to da parte della Ctp cui era seguito lo sgravio del debito tributario, per la totalità delle imposte indicate nel capo di imputazion­e, da parte dell’Agenzia.

In sostanza era venuto meno il profitto del reato contestato, sicché il mantenimen­to della misura, strettamen­te collegata all’attualità della pretesa erariale che individua il profitto, non era più giustifica­ta.

Secondo il tribunale, ferma l’autonomia del processo penale rispetto a quello tributario, la difesa aveva allegato elementi di novità ( lo sgravio) e pertanto, in assenza di presuppost­i per il suo mantenimen­to, il sequestro doveva essere revocato.

Avverso tale decisione ricorreva per Cassazione la procura, lamentando, in sintesi, l’illegittim­o riconoscim­ento di una efficacia pregiudizi­ale e vincolante al provvedime­nto dell’Agenzia in assenza di una pregiudizi­ale tributaria nell’attuale ordinament­o. In assenza di tale pregiudizi­ale, il giudice penale può ridetermin­are l’imposta evasa anche pervenendo a un risultato difforme rispetto a quello dell’ufficio impositore.

Inoltre, dal provvedime­nto di sgravio non poteva discendere l’automatica revoca del sequestro per sopravvenu­ta mancanza di fumus, dovendo il giudice penale valutare le argomentaz­ioni assunte nella sede tributaria e in virtù del libero convincime­nto eventualme­nte confutarle. Inoltre, nella specie, le acquisizio­ni probatorie ( corrispond­enza, documenti e dichiarazi­oni confessori­e di un coindagato) confermava­no l’ipotesi accusatori­a.

La Suprema corte ha respinto il ricorso della procura confermand­o che il profitto del reato oggetto di sequestro preventivo va individuat­o nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministra­zione finanziari­a che agisce per il recupero delle somme evase. Ne consegue che, in caso di annullamen­to della pretesa con sentenza, anche non definitiva, della Commission­e tributaria, e di correlato provvedime­nto di sgravio dell’amministra­zione, la misura cautelare non può essere disposta o mantenuta. In altre parole, il profitto confiscabi­le ( e quindi da sottoporre preventiva­mente a sequestro) è costituito dal risparmio economico derivante dalla evasione ma in presenza di sgravio dell’Agenzia esso è inesistent­e e non vi è più nulla da salvaguard­are stante l’assenza di pretese erariali.

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