No al licenziamento per la falsa malattia
La decisione considerata sproporzionata: l’assenza per curare la madre
Non si può licenziare una lavoratrice che dichiara di prendersi giorni di malattia per assistere la madre anziché utilizzare le ferie o i permessi. È la conclusione cui perviene il Tribunale di Prato, che con una ordinanza pubblicata nei giorni scorsi ha condannato il datore all’indennizzo economico.
Questi i fatti accertati. Una lavoratrice informava il responsabile che sua madre aveva dei seri problemi di salute e che per tale ragione si sarebbe dovuto assentare dal lavoro sia nei giorni interessati dalle visite mediche, sia nel periodo di ospedalizzazione.
L’azienda, ha da subito fornito piena disponibilità ad accettare ogni sua richiesta di ferie o permesso. La dipendente, invece, nel giorno dell’assenza, informa il responsabile in cui lo informa di essere appena uscita dalla visita medica di sua madre e che gli avrebbe inviato il numero di protocollo del certificato medico come giustificativo di assenza per quella giornata.
Successivamente la lavoratrice si assentava per un ulteriore settimana sempre per assistere la madre, palesando ai diretti superiori che, anche in tal caso, avrebbe fatto pervenire un certificato medico. A questo punto l’azienda contestava e licenziava la lavoratrice, la quale impugnava il provvedimento sostenendo di essere stata veramente male ma di avere anche dovuto assistere la madre.
Nel processo processo - e di ciò viene dato atto anche nell'ordinanza - veniva inconfutabilmente provata « la diversa finalità dei certificati medici relativi ai primi giorni di malattia e, pertanto, di un’insussistenza in capo alla stessa di un quadro patologico tale da impedirle la prestazione lavorativa » e che, quindi, sia nel giorno della visita medica, sia per la successiva settimana, la lavoratrice aveva pianificato di inviare il certificato di malattia pur non avendo impedimento fisico.
Pur ritenendo che la lavoratrice avesse goduto del trattamento economico indebitamente e a carico dell’azienda quantomeno per i primi giorni di malattia, perché poi sarebbe stata veramente ammalata, il Tribunale di Prato ha ritenuto che il licenziamento non fosse proporzionato e la condotta non tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario .
Ciò in quanto la ricorrente aveva comunque dei problemi di salute cronici, l’assenza era determinata dalla necessità di assistere un congiunto, non aveva arrecato pregiudizio all’espletamento dell’attività lavorativa: motivi per cui il comportamento doveva essere valutato in virtù del suo particolare momento di difficoltà.