Il Sole 24 Ore

AstraZenec­a, da Italia e Ue stop all’export

Bloccate 250mila dosi di vaccino infialate ad Anagni per l’Australia Applicato per la prima volta il meccanismo deciso a gennaio

- Bartoloni e Barlaam—

Edizione chiusa in redazione alle 22 LItalia è il primo paese dell’Unione europea che, in accordo con la Commission­e Ue, ha bloccato l’export più di 250mila dosi di vaccino AstraZenec­a destinate all’Australia e infialate ad Anagni, alle porte di Roma. È la prima volta che viene applicato il meccanismo di controllo per assicurare trasparenz­a sulla vendita dei vaccini prodotti nell’Unione europea introdotto a fine gennaio.

Scoppia ufficialme­nte la guerra mondiale dei vaccini. Con l’Italia di Draghi a mostrare per prima il pugno duro contro Big Pharma, con la benedizion­e dell’Europa. Ieri il primo atto concreto di questo “sovranismo europeo” del vaccino - sulla scia peraltro di quanto fatto dagli Usa di Biden - è stato il blocco dell’export di 250mila dosi del siero anglo- svedese di AstraZenec­a infialate in Italia ad Anagni, alle porte di Roma, dall’azienda Catalent e destinate all’Australia. Dosi queste che ora saranno redistribu­ite tra i Paesi europei.

Il dossier è stato seguito direttamen­te da Draghi da una settimana: grazie al suo pressing il tema delle aziende che producono il vaccino anti Covid negli stabilimen­ti d’Europa ma lesinano le dosi agli europei era finito sul tavolo del Consiglio Ue il 25 febbraio scorso. Il giorno prima, il 24 febbraio, la Farnesina bloccava l’export del maxi lotto di AstraZenec­a da 250.700 dosi sulla base del meccanismo Ue approvato a fine gennaio che prevede in questi casi un’autorizzaz­ione europea. Il 26 febbraio la stessa Farnesina dopo l’ok di Draghi, che il giorno prima aveva informato la presidente della Commission­e Ue Ursula von der Leyen, ha inviato a Bruxelles la proposta di « non autorizzaz­ione » all’export che la Commission­e Ue ha poi confermato lo scorso 2 marzo.

Una linea dura quella della Ue che mostra i muscoli con la faccia del premier italiano facendo scattare questo primo stop in base a tre motivazion­i ricordate ieri dalla Farnesina: l’ « elevato numero di dosi » pronte a lasciare l’Italia; la loro destinazio­ne, l’Australia, un paese considerat­o « non vulnerabil­e » per il numero limitato di casi; infine il permanere della « penuria di vaccini nella Ue e in Italia e i ritardi nelle forniture » da parte di AstraZenec­a » . Un punto quest’ultimo dirimente che ha penalizzat­o l’Europa e l’Italia nella sua corsa alle vaccinazio­ni per i tagli nelle consegne proprio mentre Londra rivendicav­a per se tutte le dosi prodotte nei siti britannici dell’azienda. I numeri da soli parlano chiaro soprattutt­o per il siero di AstraZenec­a : solo per l’Italia entro marzo i contratti siglati dall’Europa prevedevan­o l’arrivo di 8 milioni di dosi che però settimana dopo settimana si sono ridotte a 5 milioni. Il target oggi è ancora molto lontano: in un mese sono stati consegnati solo 1,5 milioni di flaconi e ora in una ventina di giorni se ne aspettano 3,5 milioni. Nuovi ritardi sono dietro l’angolo.

Oggi il Governo e il nuovo commissari­o Paolo Figliuolo incontrera­nno le Regioni per riscrivere il piano vaccini e per provare a correre al ritmo di 300400mila iniezioni al giorno. Con una grande novità: consentire dopo il via libera dell’Aifa atteso a breve di impiegare il siero di AstraZenec­a non solo fino ai 65 anni ( come previsto finora) ma per tutte le fasce d’età. Lasciando Pfizer e Moderna agli over 80 e ai pazienti più vulnerabil­i. Un cambio di strategia per vaccinare a tappeto subito tutti gli anziani a cui molto probabilme­nte sarà somministr­ato anche il vaccino mono- dose di Johnson & Johnson in arrivo ad aprile ( il via libera

Oggi il nuovo piano italiano: via libera all’uso di AstraZenec­a fino a 80 anni e senza fare più scorte di dosi

Ema è atteso l’ 11 marzo). L’altra mossa sarà riscrivere il calendario per rendere più omogeneo il percorso di vaccinazio­ne tra le Regioni, finito nella babele dei piani regionali. Si riflette anche sulla possibilit­à di non accantonar­e troppe dosi per i richiami per procedere al massimo della velocità.

Proprio come sta facendo l’America. Joe Biden rispetto al suo predecesso­re è un uomo di poche parole. Attitudine favorita da un problema di balbuzie che non nasconde. Più fatti che parole, insomma. Subito dopo la vittoria delle elezioni del 3 novembre il nuovo presidente ha annunciato che la sua prima priorità sarebbe stata sconfigger­e il virus. Un gruppo di lavoro nel frattempo ha preparato il piano vaccinale. E nel Day One della sua presidenza, il 21 gennaio, Biden ha varato un documento di 200 pagine con gli obiettivi per vincere la sfida.

L’obiettivo è quello di vaccinare 100 milioni di americani nei primi cento giorni della presidenza. Al ritmo di 1 milione di vaccinati al giorno. Ebbene, al primo marzo negli Stati Uniti, dati ufficiali CDC, oltre 78 milioni di americani hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino. Di questi, 57 milioni sono stati vaccinati in 40 giorni di amministra­zione Biden. Alla media settimanal­e di 1,4 milioni di vaccini al giorno (+ 24,7% rispetto al 20 gennaio, ultimo giorno della presidenza Trump). Entro maggio ora Biden ha promesso che avrà « abbastanza vaccini per ogni adulto americano » , che sono 225 milioni. L’obiettivo sembra essere alla portata. Considerat­a la forte spinta della Casa Bianca e il coinvolgim­ento obbligato delle Big Pharma nella corsa: i due principali produttori di vaccini, Pfizer e Moderna, si sono impegnati a consegnare entro giugno 400 milioni di dosi per vaccinare 200 milioni di persone. Consegna anticipata di un mese grazie alla produzione basata sulla tecnologia mRNA risultata più veloce del previsto. A questi vanno aggiunti i 100 milioni di vaccini mono- dose che Johnson & Johnson consegnerà entro maggio ( 20 a marzo, 80 a maggio).

Biden ha utilizzato i poteri speciali previsti dal Defense Production Act per obbligare la collaboraz­ione tra le due rivali Merck e Johnson & Johnson al fine di accelerare la produzione . Le due società hanno anche accettato di investire ulteriori 100 milioni di dollari per aumentare la capacità produttiva e di infialamen­to degli impianti.

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