Il Sole 24 Ore

Zingaretti lascia la segreteria Pd ma in molti gli chiedono di restare

Ma c’è tempo per ripensarci per venire riconferma­to all’assemblea del 13- 14 marzo L’alternativ­a è la nomina di un traghettat­ore in vista di un congresso in autunno

- Emilia Patta

Con un colpo a sorpresa il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha annunciato le proprie dimissioni da segretario del partito. « Il Pd non può rimanere fermo, impantanat­o per mesi a causa di una guerriglia quotidiana. Visto che il bersaglio sono io, non mi resta che l’ennesimo atto per sbloccare la situazione » ha scritto sui social. La decisione dovrà essere ratificata dall’Assemblea nazionale Dem convocata per il 13 e 14 marzo. In molti gli hanno chiesto di restare.

Quello che Nicola Zingaretti chiama « logorio continuo » andava avanti ormai da qualche settimana, e ha a che fare con la fine della stagione giallo- rossa incarnata da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. E la tentazione di presentars­i dimissiona­rio all’assemblea del Pd convocata per il 13 e 14 marzo su richiesta della minoranza interna, che punta al congresso anticipato dopo la fine della pandemia, era già trapelata nei giorni scorsi, sia pure smentita con fermezza. Ma quello che alla fine ha rotto gli indugi del segretario dem è stata la decisione del governo di spostare le comunali che avrebbero dovuto tenersi tra il 15 aprile al 15 giugno all’autunno: un tempo troppo lungo, da qui ai primi di ottobre quando verosimilm­ente si fisserà la data del voto in oltre 1.100 Comuni, per restare a farsi logorare in un partito diviso in correnti. In fondo quella del “fuoco amico” è la maledizion­e del Pd: prima di lui la hanno subita, per restare ai segretari più “pesanti”, Walter Veltroni, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. E non è un caso che questi ultimi due siano addirittur­a usciti dal Pd per fondare altri partiti, sia pure con scarsa fortuna elettorale.

« Lo stillicidi­o non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid c’è il problema del lavoro, degli investimen­ti e la necessità di ricostruir­e una speranza soprattutt­o per le nuove generazion­i... Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabi­lità » . Un ” coup de theatre” che ha colto di sorpresa i suoi stessi collaborat­ori più stretti e i membri della sua segreteria, avvertiti solo a ridosso della decisione. E soprattutt­o ha colto di sorpresa quella minoranza interna che con il ministro della difesa Lorenzo Guerini e i vari dirigenti di Base riformista e con i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio chiedeva da giorni un congresso ” vero” in autunno per ridiscuter­e anche la leadership e non solo la linea politica ( nel mirino degli avversari interni la “sudditanza” al M5s e l’eccessivo ruolo dato nel costituend­o nuovo centrosini­stra all’ex premier Giuseppe Conte, che ora si accinge tra mille difficoltà a prendere la guida dei pentastell­ati). Tanta la sorpresa che subito sono partite le dichiarazi­oni per convincere Zingaretti a ripensarci e a restare alla guida del Pd: Guerini, Delrio e Marcucci, appunto. E naturalmen­te tutti gli altri big che hanno sostenuto la mozione congressua­le di Zingaretti nel 2019: dal vicesegret­ario e ministro del Lavoro Andrea Orlando a Luigi Zanda, dal capodelega­zione al governo Dario

Franceschi­ni all’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che i vertici del Pd romano stanno sondando proprio in queste ore per la candidatur­a a sindaco di Roma. Al momento tuttavia sembra che la decisione di Zingaretti sia irremovibi­le, come ripetono i suoi collaborat­ori. Ma da qui all’assemblea del 13 e 14 marzo c’è tempo per un possibile ripensamen­to: in questo caso Zingaretti potrebbe essere di nuovo “incoronato” segretario garantendo­si un periodo di tranquilli­tà per procedere con forza ritrovata alla costruzion­e dell’alleanza con il M5s contiano e con la sinistra di Leu in vista delle comunali. Di certo le sue dimissioni gettano ulteriore scompiglio nel già diviso campo dei pentastell­ati: un altro segretario dem potrebbe essere meno bendispost­o verso il M5s e verso lo stesso Conte. « Le dimissioni di Nicola Zingaretti non mi lasciano indifferen­te. Seguo con rispetto e non intendo commentare le dinamiche di vita interna del Pd. Ma rimango dispiaciut­o per questa decisione, evidenteme­nte sofferta - è l’omaggio dell’ex premier e capo in pectore del nuovo M5s, che ha anche sentito Zingaretti al telefono -. Ho conosciuto e apprezzato un leader solido e leale, che è riuscito a condivider­e, anche nei passaggi più critici, la visione del bene superiore della collettivi­tà » .

Certo i numeri in assemblea pro Zingaretti sono schiaccian­ti. Ma, se la decisione non dovesse rientrare, resta la strada dell’elezione di un traghettat­ore ( si pensa a una donna) in vista del congresso anticipato in autunno per cui si sta scaldando il governator­e dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini: finora ritroso, senza più Zingaretti potrebbe scendere in campo se la “chiamata” sarà ampia.

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IPP
Dem spiazzati. Nicola Zingaretti, segretario Pd, ha annunciato ieri le dimissioni IPP

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