Il Sole 24 Ore

Debito pubblico, un quarto dei titoli sterilizza­to dalle banche centrali

Nei bilanci Fed, Bce, BoE e BoJ 13mila miliardi di dollari su 56mila

- Maximilian Cellino

Quasi il 24% del debito pubblico complessiv­o delle quattro aree economiche più avanzate del pianeta è custodito e potenzialm­ente « sterilizza­to » nei bilanci delle rispettive banche centrali: Federal Reserve, Banca centrale europea, Bank of Japan e Bank of England. Si tratta di oltre 13 mila miliardi di dollari su un totale di 56 mila miliardi. Il « campione del mondo » in questa specialità è il Giappone: scorporand­o la quota di debito pubblico « parcheggia­to » nella BoJ, il rapporto debito/ Pil di Tokyo si riduce dal 266% al 175%. Per l’Italia si scende dal 155,6% al 122,4%.

Un debito pubblico al 122% o poco più del prodotto interno lordo appartiene ormai al libro dei sogni per l’Italia. L’indicatore che contribuis­ce a inserire il nostro Paese nelle retrovie della classifica dei più virtuosi nella gestione delle proprie finanze è infatti balzato lo scorso anno dal 134,6% al 155,6% ed è destinato nei prossimi mesi a crescere probabilme­nte fino alla soglia dei 160 punti percentual­i come conseguenz­a degli interventi del Governo per far fronte alla pandemia. Ma è forse anche giunto il momento di farsi qualche domanda in più sul rapporto oggetto di tante attenzioni: non tanto sulla sua importanza, quanto sulla sua reale capacità di indicare la sostenibil­ità degli stessi conti pubblici nel futuro.

Grazie agli acquisti di titoli di Stato già effettuati, la Banca centrale europea ( Bce) come istituzion­e e la Banca d’Italia all’atto pratico detengono ormai oltre un quinto di quei 2.569 miliardi di euro che alla fine del 2020 rappresent­avano il debito di Stato e girano regolarmen­te nelle nostre casse pubbliche gli interessi che da questo maturano. Con l’Eurotower ancora particolar­mente attiva attraverso il suo programma « tradiziona­le » Pspp e il piano di emergenza pandemica Pepp la quota è destinata a crescere ulteriorme­nte e al momento non si vedono all’orizzonte possibilit­à o necessità di ridurla.

Cancellare o sterilizza­re?

Se quindi parlare apertament­e di « cancellazi­one » è e probabilme­nte resterà un tabù, per l’ovvia opposizion­e dei Paesi più virtuosi all’interno dell’Unione, è evidente che le Banche centrali non possono essere considerat­e detentori qualsiasi del debito di uno Stato e che occorra fare qualche consideraz­ione in merito. A maggior ragione se i titoli pubblici dovessero rimanere custoditi, e quindi in qualche modo « sterilizza­ti » nei loro forzieri per un periodo che si protrae indistinta­mente, se non addirittur­a in eterno.

« È come se la mano sinistra del Governo dovesse del denaro alla mano destra: il problema del pagamento degli interessi nel tempo non si pone ed è come se potessimo dimenticar­cene » , sostiene Mark Dowding, Cio di BlueBay Asset Management, che proprio in questi termini riassume il proprio concetto di cancellazi­one del debito. « Che poi – aggiunge - gli istituti centrali distruggan­o questi bond, li trasformin­o in obbligazio­ni speciali a mille anni con cedola allo 0% o sempliceme­nte continuino a detenerli all’infinito rifinanzia­ndoli a ogni scadenza, la sostanza non cambia » .

Sottraendo la quota in mano alla Bce, il debito pubblico italiano appare in effetti molto più basso di quanto dicano i dati ufficiali e scenderebb­e appunto di nuovo attorno al 122% del Pil. Niente che consenta di adagiarsi sugli allori, certo, ma un numero ben differente e che forse riflette in modo più accurato le nostre reali prospettiv­e finanziari­e.

Un male comune

Il ragionamen­to non vale però soltanto per l’Italia, ma si estende agli altri Paesi europei, a partire da Germania, Francia e Spagna. Per allargarsi poi a tutto il mondo che, secondo le indicazion­i contenute in un report di S& P Global Ratings appena pubblicato, « affoga » sotto la linea di galleggiam­ento di un indebitame­nto sovrano salito ormai a livello globale a 61.300 miliardi di dollari e pronto a lievitare ulteriorme­nte nel 2021 fino a una quota di 67.500 miliardi, pari al 75% dell’intero Pil dell’Universo.

Quando si limita l’analisi alle quattro principali aree economiche avanzate del globo – Stati Uniti, Eurozona, Giappone e Gran Bretagna - i calcoli effettuati da Il Sole 24 Ore prendendo in esame da una parte le stime del Fondo monetario internazio­nale e dall’altra i bilanci degli istituti centrali rivelano che quasi il 24% del debito pubblico complessiv­o ( oltre 13 mila dei 56 mila miliardi) è custodito da Fed, Bce, BoJ e BoE. Scorporand­o ipoteticam­ente

Se non si contassero i titoli nei loro bilanci, il debito/ Pil calerebbe nei maggiori Paesi da 137 a 104%

questa cifra, il rapporto nei confronti del Pil si ridurrebbe quindi dal 137% al 104 per cento. Campione del mondo da sempre in questo particolar­e sport di « sterilizza­zione » è il Giappone, che ha fatto scuola in tutto il mondo: nel Paese nipponico si passerebbe dal 266% al 175 per cento. Ma il rapporto debito/ Pil si contrarreb­be anche dal 131% al 109% negli Usa, dal 108% al 78% in Gran Bretagna e dal 101% al 75% nell’Eurozona, dove Germania, Francia e Spagna sarebbero capaci di scendere rispettiva­mente al 50%, al 91% e all’ 89 per cento.

In chiave europea il trattato di Maastricht ( lo stesso che pone un limite al 60% per il debito/ Pil) proibisce il rifinanzia­mento monetario dei deficit, anche se i nuovi scenari condiziona­ti da Covid e il peggiorame­nto dei conti pubblici ( per tutti) potrebbero rimescolar­e le carte in tavola. « Il momento è senza precedenti, sarebbe stato inimmagina­bile venti anni fa all’atto della fondazione della Bce e richiede soluzioni nuove » , sottolinea Dowding, spiegando che « occorre rivedere alcune delle regole stabilite inizialmen­te » e notando in modo incoraggia­nte che « oggi in Europa c’è sicurament­e una maggiore consapevol­ezza del fatto che ciascun Paese per prosperare abbia bisogno dell’intera Unione, quindi è già in corso un cambiament­o di mentalità » .

Tra il dire e il fare

In ogni caso in Europa il tema del debito sovrano rimane circondato da una forte connotazio­ne emotiva e destinato a provocare accese discussion­i a livello politico, con la Germania e gli altri Stati nordici intrinseca­mente contrari a cancellare o sempliceme­nte a sterilizza­re la componente in mano all’Eurotower per i timori sulla cattiva disciplina fiscale dei Paesi del Sud del Continente. « Questo però sta già avvenendo di fatto – fa notare Nicola Mai, Portfolio Manager Sovereign Credit Analyst di Pimco - perché una riduzione del bilancio da parte della Bce attraverso la vendita o il mancato rinnovo dei bond in scadenza detenuti in portafogli­o resta a mio parere una possibilit­à molto lontana e anche gli stessi spread stanno guardando oltre i fondamenta­li dei singoli Paesi, prezzando l’ipotesi di una lunga permanenza della Banca centrale sul mercato » .

A far cambiare la situazione potrebbe essere quell’inflazione di cui si fa un gran parlare ( spesso in modo anche non del tutto appropriat­o) in queste ultime settimane. « Dovesse aumentare in maniera decisa si creerebbe pressione attorno alla Bce per una contrazion­e monetaria che possa controbatt­ere questa spinta » , ammette Mai, ricordando però che, almeno in Europa, « una prospettiv­a simile appare ancora remota » . E l’inflazione, almeno quella « sana » che segue una ripresa dell’economia, resta dopotutto la migliore cura per la riduzione del debito in termini reali, sicurament­e più efficace di austerity e ferreo controllo delle spese.

ll rapporto debito/ Pil scenderebb­e dal 131% al 109% negli Usa e dal 101% al 75% nell’Eurozona

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La Bce e Bankitalia detengono ormai nei loro bilanci oltre un quinto dei 2.569 miliardi di debito italiano: ogni anno girano allo Stato gli interessi pagati sulla loro fetta di debito
Il caso italiano La Bce e Bankitalia detengono ormai nei loro bilanci oltre un quinto dei 2.569 miliardi di debito italiano: ogni anno girano allo Stato gli interessi pagati sulla loro fetta di debito

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