Il Sole 24 Ore

Avvocati, nel 2020 decisivo il reddito di ultima istanza

Indagine Censis. Oltre il 60% degli intervista­ti ha avuto accesso agli aiuti statali per il Covid- 19 Attivi oltre 231mila legali, quattro ogni mille abitanti. Il 50% non raggiunge 20mila euro di reddito

- Maciocchi e Micardi

Per oltre il 70% degli avvocati la condizione lavorativa nel 2020 è diventata critica. Tanto che il 61, 5% dei legali, ha avuto accesso al reddito di ultima istanza previsto dal governo. È quanto si ricava dal V rapporto Censis 2021 “Avvocatura allo specchio” che stima l’impatto della pandemia sulla profession­e.

Dalla rilevazion­e, fatta a fine 2020, emerge un momento percepito molto critico dal 32% del campione ( « c’è poco lavoro, la situazione profession­ale è incerta » ) , mentre per il 39,% la situazione « è abbastanza critica, ci sono difficoltà ma si sopravvive » .

Per oltre il 70% degli avvocati la condizione lavorativa nel 2020 è diventata critica. È quanto si ricava dal V rapporto Censis 2021 « Avvocatura allo specchio » che stima l’impatto della pandemia sulla profession­e. Una situazione difficile, tanto che oltre il 60% degli intervista­ti ha avuto accesso al reddito di ultima istanza previsto dal governo. Somme considerat­e inadeguate, tuttavia, secondo il 54% degli intervista­ti, importanti per continuare la profession­e. Dalla rilevazion­e, fatta a fine 2020, si deduce l’effetto negativo sui redditi degli avvocati, proprio quando si registrava una leggera ripresa: dai 37.500 euro del 2014 ai 40.180 del 2019. Un momento percepito come molto critico dal 32% del campione « c’è poco lavoro, la situazione profession­ale è incerta » , mentre per il 39,% la situazione « è abbastanza critica, ci sono difficoltà ma si sopravvive » . Tra gli ammortizza­tori sociali solo il 10% ha chiesto la Cassa integrazio­ne guadagni per Covid- 19, prevista per gli studi con personale fino a 5 dipendenti. Mentre tra le misure di assistenza messe in campo da Cassa forense la più gettonata riguarda i canoni di locazione degli studi ( 7,6% persone fisiche, 2,6 studi associati o società tra avvocati).

I dati, relativi al 2019, disegnano una categoria - composta da oltre 231 mila avvocati, quasi quattro ogni 1000 abitanti - equamente divisa tra uomini e donne. Anche se il 2020 è l’anno del sorpasso delle avvocate: sono 153 in più del colleghi ( 115.724 su un totale di 231.295 avvocati). Si conferma, nel 2019, lo “scollament­o” che penalizza le donne e i giovani : solo a 50 anni si può pensare di raggiunger­e il livello medio. Una conferma lo scarto NordSud che supera i 50 mila euro, se le regioni messe a confronto sono la Lombardia e la Calabria.

Oltre il 50% dei legali non supera comunque la soglia dei 20mila euro, mentre cresce di tre punti percentual­i la fascia compresa tra i 20mila e i 50mila euro. Sfora il 30% il numero di avvocati con 10.300 euro.

Ma a far soffrire i legali in tempo di pandemia è stata più la chiusura dei tribunali che la riduzione delle entrate. Il 34,4% ha, infatti, indicato la sospension­e dell’attività giudiziari­a come il condiziona­mento più negativo, mentre l’aspetto economico è stato è stato il maggior disagio per il 30,6%. Durante il lockdown il 43% ha scelto l’alternanza del lavoro da studio e a distanza, l’attività da remoto in esclusiva è stata svolta dal 29,6%, a preferire solo lo studio è stato il 15,9% degli avvocati, mentre l’ 11, 3% ha dovuto interrompe­re per problemi organizzat­ivi. Nel rapporto anche il parere degli italiani sulla giustizia: il 35% mette al primo posto la riforma per uscire dalla crisi economica e tornare a crescere. Al secondo posto tra le priorità il lavoro, la salute e la scuola ( 33,2%).

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