La Camera approva una riforma radicale del sistema elettorale
È nuova battaglia elettorale tra democratici e repubblicani. Non più sull’esito delle urne di novembre, su conteggi e validità di preferenze espresse, ma sul diritto al voto di domani: la maggioranza democratica alla Camera ha approvato un’ambiziosa riforma, il For The People Act del 2021, per rafforzare la partecipazione. I repubblicani, scottati dalle sconfitte, fanno invece muro e contano su raffiche di legislazioni locali – presentate in 43 stati – per indurire controlli e limiti all’affluenza con lo slogan della sicurezza delle elezioni.
La riforma, che ora andrà al Senato dove un varo appare più difficile, prevede un’iscrizione automatica degli aventi diritto legata alla registrazione presso la motorizzazione. Ancora: opzioni online e immediate per iscriversi il giorno stesso del voto; 15 giorni di voto anticipato; schede per gli ex detenuti; espansione di urne decentrate per depositare le schede; incentivi al voto via posta. Verrebbe poi affidata a commissioni indipendenti negli stati ogni riconfigurazione di circoscrizioni elettorali per evitare il “Gerrymandering”, la loro manipolazione a vantaggio del partito localmente al potere. E sarebbero introdotti tetti e trasparenza su fondi da aziende o gruppi esterni.
Lo stesso voto dei deputati sul progetto ha evidenziato l’alta posta in gioco: 220 sì, con una sola defezione democratica. E 210 no, con i repubblicani compatti. La priorità data dal partito di Joe Biden alla legge è riassunta nella sigla formale del progetto, HR1, cioè il primo atto della nuova Camera. Biden ha assicurato che firmerà la legge, se arriverà sulla sua scrivania, « per restaurare la democrazia americana in tutte le elezioni a venire » . Il capogruppo conservatore alla Camera Kevin McCarthy ha risposto dipingendo scenari di brogli e ondate di schede illegali da combattere.
Affluenza alle urne e diritto di voto sono oggi diventati centrali per le fortune dei due partiti. I democratici contano su una crescita del voto di giovani e minoranze etniche, tradizionalmente penalizzate e dove sono favoriti. I repubblicani, che nelle presidenziali non vincono il consenso popolare dal 2004, stanno al contrario invocando aggressivamente maggiori restrizioni, anzitutto nel voto postale divenuto popolare durante la pandemia e nei requisiti di verifica dell’identità. Un’offensiva resa possibile dal controllo che vantano in numerosi stati, ai quali è affidata la gestione delle urne: in 30 su 50 dominano il Parlamento locale e in 23 anche la poltrona di governatore. In Georgia e Arizona, dove i democratici sono reduci da successi a sorpresa, hanno appena varato giri di vite. In Iowa hanno vinto ma hanno ugualmente ridotto di nove giorni il voto anticipato e tagliato le ore di apertura dei seggi.
Le protezioni federali sulle elezioni sono nel frattempo diminuite negli anni, preoccupando i democratici. La Corte Suprema ha svuotato dal 2013 norme su diritti civili e politici che prescrivevano l’assenso di governo o magistrati a cambi nel sistema elettorale in stati con una tradizione di discriminazione razziale.
Obiettivo: rafforzare la partecipazione Ora resta da superare l’ostacolo del Senato