Ambiente e diritti umani, Berlino detta le regole alle imprese
Multe salatissime per chi si appoggia a fornitori responsabili di abusi La legge non riguarda le Pmi, la grande industria chiede più voce in capitolo
La Germania si è svegliata ieri mattina con un dibattito inconsueto alla radio: la fine una volta per tutte delle bistecche di manzo importato dal Brasile quando da quella carne si arriva direttamente o indirettamente alla deforestazione dell’Amazzonia. È a questo, in maniera figurata, che mira infatti la proposta di legge sulle catene di approvvigionamento per la difesa dei diritti umani e per la protezione dell’ambiente, approvata nei giorni scorsi dal governo Merkel e per la quale è stato previsto un percorso parlamentare accelerato con voto al Bundestag e Bundesrat entro l’estate o comunque prima delle elezioni del 26 settembre.
È la prima volta che in Germania una legge definisce con esattezza la due diligence sulla filiera e la impone. Il provvedimento, Lieferkettengesetz o Supply Chain Act, introduce per la prima volta anche multe salatissime per punire le aziende - Pmi escluse - che lavorano con fornitori diretti e subappaltatori indiretti i quali non rispettano diritti umani e ambiente.
Le imprese che rientrano nel raggio di azione della legge sono state divise in due gruppi. Nel 2023 saranno soggette a queste nuove disposizioni le imprese con almeno 3.000 dipendenti, e dopo un anno saranno incluse anche quelle con più di 1.000 dipendenti.
Ma quel che ha fatto più notizia in Germania è stato un altro perimetro, quello delle sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo di 100.000 euro fino a 800.000 euro per i casi “standard”. Le violazioni prevedono due ricadute ancor più pesanti: per le imprese con un fatturato globale oltre i 400 milioni di euro, la multa può arrivare al 2% del fatturato; per le infrazioni più gravi oltre i 175.000 euro può scattare il divieto di partecipazione per tre anni a gare per appalti pubblici, il deterrente più potente.
La legge si pone traguardi ambiziosi perché almeno in teoria intende estendersi lungo l’intera filiera, « la due diligence è imposta dalle materie prime al prodotto finito » . Ma il rischio è che i controlli si concentrino sul primo fornitore mentre per i subfornitori la due diligence è meno severa.
Il testo proposto - così come descritto dal governo - impone alle imprese tedesche di accertarsi che lungo la catena di approvvigionamento non vi sia « lavoro minorile, sfruttamento, discriminazione, scarsa protezione del lavoratore, distruzione dell’ambiente, per esempio con pesticidi o inquinamento atmosferico » . Ma sono proprio gli ambientalisti ad aver mosso le critiche più accese al momento, in quanto a loro avviso il testo conterrebbe riferimenti troppo generici, lasciando ampi spazi alle interpretazioni e dunque maglie larghe.
Il presidente del think tank DIW, Marcel Fratzscher, si è spinto a definire la legge « una tigre sdentata » , ammonendo che la reputazione del Made in Germany sarà danneggiata a lungo andare invece di migliorare e diventare sinonimo di “protezione dei diritti umani” come ha detto il ministro delle Finanze Olaf Scholz.
Il progetto di legge nasce per iniziativa del ministro del lavoro Hubertus Heil ( Spd) e dello sviluppo e della cooperazione economica Gerd Müller ( Csu), a seguito di un sondaggio tra un ampio campione di imprese che avrebbe confermato la necessità di alzare per legge e con multe salate l’asticella.
Il testo finale tuttavia sarebbe stato ammorbidito dal ministro dell’Economia Peter Altmaier ( Cdu) che ha voluto escludere le Pmi, per le quali è difficile se non impossibile applicare la due diligence su tutta la filiera. In piena campagna elettorale, i partiti al governo puntano su questa legge anche per raccogliere voti.
Il mondo delle imprese ha accolto favorevolmente il Supply Chain Act perché ne condivide e ne condivideva già ampiamente gli obiettivi: ma si è lamentato per non aver avuto il tempo ( solo 6,5 ore) per contribuire alla stesura del testo. Siegfried Russwurm, presidente della confindustria tedesca Bdi, ha sollecitato il level playing field e ha invitato il governo a mettere gli imprenditori tedeschi in condizioni di parità rispetto al resto dell’Europa e del mondo.