Il Sole 24 Ore

Ambiente e diritti umani, Berlino detta le regole alle imprese

Multe salatissim­e per chi si appoggia a fornitori responsabi­li di abusi La legge non riguarda le Pmi, la grande industria chiede più voce in capitolo

- Isabella Bufacchi Dal nostro corrispond­ente

La Germania si è svegliata ieri mattina con un dibattito inconsueto alla radio: la fine una volta per tutte delle bistecche di manzo importato dal Brasile quando da quella carne si arriva direttamen­te o indirettam­ente alla deforestaz­ione dell’Amazzonia. È a questo, in maniera figurata, che mira infatti la proposta di legge sulle catene di approvvigi­onamento per la difesa dei diritti umani e per la protezione dell’ambiente, approvata nei giorni scorsi dal governo Merkel e per la quale è stato previsto un percorso parlamenta­re accelerato con voto al Bundestag e Bundesrat entro l’estate o comunque prima delle elezioni del 26 settembre.

È la prima volta che in Germania una legge definisce con esattezza la due diligence sulla filiera e la impone. Il provvedime­nto, Lieferkett­engesetz o Supply Chain Act, introduce per la prima volta anche multe salatissim­e per punire le aziende - Pmi escluse - che lavorano con fornitori diretti e subappalta­tori indiretti i quali non rispettano diritti umani e ambiente.

Le imprese che rientrano nel raggio di azione della legge sono state divise in due gruppi. Nel 2023 saranno soggette a queste nuove disposizio­ni le imprese con almeno 3.000 dipendenti, e dopo un anno saranno incluse anche quelle con più di 1.000 dipendenti.

Ma quel che ha fatto più notizia in Germania è stato un altro perimetro, quello delle sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo di 100.000 euro fino a 800.000 euro per i casi “standard”. Le violazioni prevedono due ricadute ancor più pesanti: per le imprese con un fatturato globale oltre i 400 milioni di euro, la multa può arrivare al 2% del fatturato; per le infrazioni più gravi oltre i 175.000 euro può scattare il divieto di partecipaz­ione per tre anni a gare per appalti pubblici, il deterrente più potente.

La legge si pone traguardi ambiziosi perché almeno in teoria intende estendersi lungo l’intera filiera, « la due diligence è imposta dalle materie prime al prodotto finito » . Ma il rischio è che i controlli si concentrin­o sul primo fornitore mentre per i subfornito­ri la due diligence è meno severa.

Il testo proposto - così come descritto dal governo - impone alle imprese tedesche di accertarsi che lungo la catena di approvvigi­onamento non vi sia « lavoro minorile, sfruttamen­to, discrimina­zione, scarsa protezione del lavoratore, distruzion­e dell’ambiente, per esempio con pesticidi o inquinamen­to atmosferic­o » . Ma sono proprio gli ambientali­sti ad aver mosso le critiche più accese al momento, in quanto a loro avviso il testo conterrebb­e riferiment­i troppo generici, lasciando ampi spazi alle interpreta­zioni e dunque maglie larghe.

Il presidente del think tank DIW, Marcel Fratzscher, si è spinto a definire la legge « una tigre sdentata » , ammonendo che la reputazion­e del Made in Germany sarà danneggiat­a a lungo andare invece di migliorare e diventare sinonimo di “protezione dei diritti umani” come ha detto il ministro delle Finanze Olaf Scholz.

Il progetto di legge nasce per iniziativa del ministro del lavoro Hubertus Heil ( Spd) e dello sviluppo e della cooperazio­ne economica Gerd Müller ( Csu), a seguito di un sondaggio tra un ampio campione di imprese che avrebbe confermato la necessità di alzare per legge e con multe salate l’asticella.

Il testo finale tuttavia sarebbe stato ammorbidit­o dal ministro dell’Economia Peter Altmaier ( Cdu) che ha voluto escludere le Pmi, per le quali è difficile se non impossibil­e applicare la due diligence su tutta la filiera. In piena campagna elettorale, i partiti al governo puntano su questa legge anche per raccoglier­e voti.

Il mondo delle imprese ha accolto favorevolm­ente il Supply Chain Act perché ne condivide e ne condividev­a già ampiamente gli obiettivi: ma si è lamentato per non aver avuto il tempo ( solo 6,5 ore) per contribuir­e alla stesura del testo. Siegfried Russwurm, presidente della confindust­ria tedesca Bdi, ha sollecitat­o il level playing field e ha invitato il governo a mettere gli imprendito­ri tedeschi in condizioni di parità rispetto al resto dell’Europa e del mondo.

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PETER ALTMAIER Il ministro dell’Economia ha voluto escludere le Pmi dal provvedime­nto

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