Concordato preventivo, per il riparto vale la tesi della « priorità assoluta »
Il Tribunale di Milano, con un recente e articolato provvedimento, si è pronunciato sul criterio di ripartizione delle somme ai creditori applicabile nel concordato preventivo, vale a dire sulle cosiddette tesi della “priorità assoluta” e della “priorità relativa” e sul concetto di “finanza esterna” ( o “esogena”), stabilendo che il principio che deve essere adottato ai fini del riparto è quello della “priorità assoluta” e che costituiscono finanza esterna solo gli apporti che non transitano nel patrimonio del debitore.
Il primo tema consiste nello stabilire se l’articolo 160, comma 2 della legge fallimentare imponga, o meno, l’integrale pagamento del credito di rango superiore prima di soddisfare quello di rango inferiore ( priorità assoluta) o se, invece, sia consentita la falcidia del credito di rango superiore e il pagamento del credito di rango minore quando al primo è comunque assicurato un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato al secondo ( priorità relativa). Per il Tribunale, la prima delle condizioni poste dall’articolo 160, comma 2, della legge fallimentare « implica che l’ammontare della somma ritraibile dalla liquidazione concorsuale segni il limite minimo di soddisfacimento dei creditori privilegiati: e da tale limite si desume che il creditore chirografario non possa vedere adempiuta, neanche parzialmente, la propria obbligazione, se il presumibile valore di realizzo dei beni su cui insiste il diritto di prelazione non consenta di soddisfare i creditori privilegiati » .
Ne discende: 1) con riguardo ai crediti assistiti da ipoteca, pegno e privilegio speciale, che essi possono essere soddisfatti parzialmente solo se il valore dei beni su cui tali diritti di prelazione insistono è inferiore all’ammontare del relativo credito; 2) con riguardo ai crediti assistiti da privilegio generale sui beni mobili, che, se il valore di tali beni è inferiore a quello delle ragioni di credito dei titolari dei relativi diritti di prelazione, i crediti di cui trattasi non possono essere ulteriormente falcidiati a beneficio di quelli chirografari, poiché in caso contrario « si ammetterebbe che, sulla medesima massa attiva, creditori di rango inferiore ( quali sono quelli in chirografo) siano soddisfatti prima che lo siano, per l’intero, i creditori di rango poziore. E un tale risultato urterebbe, come è evidente, non solo col principio per cui il piano concordatario deve assicurare la soddisfazione dei creditori privilegiati in misura almeno pari a quella cui gli stessi potrebbero aspirare, in ragione della loro collocazione preferenziale, in caso di liquidazione, ma anche con la regola che vieta di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione » .
L’ulteriore conseguenza è che i creditori chirografari possono essere sodisfatti solo in presenza di beni immobili ultra- capienti e/ o di finanza esterna, considerando tale solo quella che non comporti un incremento né dell’attivo né del passivo dell’impresa debitrice.
La pronuncia incide sul trattamento dei debiti tributari, posto che molti di essi sono assistiti da privilegio generale, anche se l’agenzia delle Entrate, con la circolare 34 del 29 dicembre 2020, ha mostrato, seppure un po’ cripticamente, di propendere per la tesi della priorità relativa.
Costituiscono finanza esterna solo gli apporti che non transitano nel patrimonio del debitore