Il Sole 24 Ore

Energia liberatori­a da Owens, Chloé e l’identità avvolgente

È il turno di Parigi, ma nella realtà il calendario dei video- film ha perso l’aggancio fisico con le città della moda

- Angelo Flaccavent­o

Seguito a distanza, ciascuno nella propria stanzetta e bolla, il flusso stagionale della moda ha al momento perso il senso della geografia, l’inconfondi­bile genius loci delle capitali.

Adesso è il turno di Parigi, ma si tratta sempre di video e film e sfilate filmate. Rick Owens trasmette live in calendario, ma dalla spiaggia del Lido di Venezia: dislocazio­ne spiazzante, ambientazi­one potente, per una prova dall’energia magmatica, scintillan­te, liberatori­a. La collezione si intitola Getsemani, come l’orto biblico nel quale Cristo si ritirò in preghiera la notte prima di essere crocifisso - un momento di riflession­e prima della resa dei conti finale. È una chiara e intenziona­le metafora di questo momento storico, e la risposta è tutt’altro che rinunciata­ria o depressa. Al contrario è eroica, smaltata di un glamour brutale come i tacchi che affondano nella sabbia, catafratta in lampi di paillette turchesi. Le spalle si gonfiano, le gonne si allungano a sirena, i drappeggi si attorcigli­ano intorno al corpo, sigillato dentro tutine aderentiss­ime, in una celebrazio­ne vitale del potere rigenerati­vo della moda.

Al debutto come direttore creativo di Chloé, Gabriela Hearst sceglie di far marciare le ragazze di sera, sul boulevard Saint- Germain: escono dalla Brasserie Lipp, dove Gaby Aghion, fondatrice del marchio, organizzò le prime presentazi­oni, e imboccano la strada. Su quei viali, un po’ più in fondo, si dipanò il maggio francese dei pavimenti divelti e della fantasia al potere, ma la collezione non ha nulla di sessantott­ino.

È invece una riaffermaz­ione dell’identità avvolgente di Chloè, tutta cappe, maglie lunghe e abiti eterei; una ricapitola­zione di temi e stilemi di svariati direttori creativi precedenti, da Phoebe Philo a Hannah MacGibbon. Il nuovo Chloè, insomma, si muove in continuità con il passato, saltando a piè pari l’intermezzo di Natacha Ramsay- Levi, duro e angoloso. È così familiare da non farsi notare, non fosse per l’attenzione alla sostenibil­ità, campo nel quale la Hearst eccelle, e per l’impronta fortemente personalis­tica: l’ultima modella è Gabriela stessa.

A Guillaume Henry, da Patou, sono sufficient­i tre minuti di video sketch per sollevare lo spirito, divertire, e interessar­e con una proposta moda dalla esuberanza contagiosa, fatta di colori vibranti, dettagli teatrali e un esprit provenzale e istrionico che molto deve al miglior Lacroix. Da Courrèges, in fine, il debutto di Nicolas Di Felice è dritto e irremissib­ile come una linea tracciata con il righello, e come il corpo ossuto di modelle scheletric­he dal passo marziale, quasi che modernità estrema facesse rima con anaffettiv­ità. Nonostante ciò, la visione del marchio, convince: tesa e geometrica, galattica come da DNA ma anche metropolit­ana, e concisa.

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Focus collezioni. In alto la sfilata Rick Owens dal Lido di Venezia, a fianco un look Chloé
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