Sofferenze bancarie: boom nel 2021, ma meno di nove anni fa
Grazie a moratorie e prestiti garantiti il tasso di deterioramento è sceso al minimo storico di 2,5%, ma nel 2021 salirà al 4,3%: meno del 7,5% di 9 anni fa
Allarme a metà di Abi e Cerved. Nel 2021 sarà boom di sofferenze bancarie, ma meno rispetto ai livelli raggiunti nove anni fa, nel 2012. Le misure messe in campo dallo Stato a supporto delle liquidità delle imprese, tra moratorie sui mutui e prestiti garantiti, hanno consentito infatti alle imprese di chiudere il 2020 con un livello di tasso di deterioramento dei crediti ai minimi storici: il 2,5 per cento. Quest’anno è atteso un incremento al 4,3 per cento, meno del 7,5 per cento di 9 anni fa.
Le misure messe in campo dallo Stato a supporto della liquidità delle imprese - dalle moratorie sui mutui ai prestiti garantiti - hanno consentito alle aziende di chiudere il 2020 con un tasso di deterioramento dei crediti ai minimi storici. Complice anche la flessibilità adottata dalla autorità di vigilanza sulla riclassificazione dei crediti sospesi - in particolare l’Autorità europea Eba- l’anno che si è da poco concluso ha visto questi tassi di deterioramento ( cioè il rapporto tra il numero delle posizioni creditizie che nel corso dell’anno divengono crediti scaduti, Utp o sofferenze e lo stock di posizioni non deteriorate) attestarsi ai minimi storici: 2,5% contro i picchi della crisi del 2012 del 7,5 per cento. Secondo le previsioni dell’outlook Abi- Cerved diffuso ieri quei picchi non saranno più raggiunti nemmeno quest’anno e il prossimo, quando i crediti riprenderanno a deteriorarsi perchè le misure pubbliche di sostegno verranno progressivamente ridotte e la flessibilità revocata.
Con la fine delle misure di emergenza, i tassi di deterioramento sono attesi in crescita del 4,3% nel 2021, per poi tornare a calare nel 2022 ( 3,7%), quando si attesteranno su livelli superiori a quelli pre- Covid ma ben distanti rispetto ai picchi raggiunti nel 2012 ( 7,5%).
A risentire di più del deterioramento del credito saranno, secondo lo studio, le aziende di media dimensione e le imprese operanti nell’edilizia e nei servizi, mentre le piccole imprese e le aziende operanti nel comparto industriale risulteranno relativamente meno segnate. Va detto, comunque, che le previsioni dell’outlook si basano sull’assunto che nel 2021 il Pil ritornerà a crescere del 4%, con un trend di ripresa che proseguirà anche nel 2022 (+ 2,6%), consentendo all’Italia di riavvicinarsi ai livelli precrisi. Le ipotesi contano sul fatto che una forte spinta arrivi dall’utilizzo dei fondi messi a disposizione dal Next Generation Eu per circa 200 miliardi, destinati ad impattare sugli investimenti (+ 10,3% nel 2021 e + 6,4% nel 2022) e a riattivare i consumi.
Nel corso di quest’anno, in base alle stime, tutte le classi dimensionali faranno registrare un netto aumento dei flussi di nuovi crediti deteriorati nel 2021, seguito da una riduzione nell’anno successivo che, tuttavia, non basterà per riportarsi sui livelli pre- Covid. Secondo lo studio « nel 2022 le grandi imprese risulteranno la classe dimensionale con il minor divario rispetto ai livelli del 2019 ( 1,8% nel 2022 contro 1,3% nel 2019), mentre le medie imprese fanno osservare l’andamento peggiore ( 2,9% nel 2022 contro 1,7% nel 2019). Le piccole e le micro imprese sono le uniche classi dimensionali che nel 2022 faranno osservare tassi di deterioramento al di sotto dei livelli pre- crisi del 2007 ( 2,6% contro 3,1% per le piccole e 3,9% contro 4,0% per le micro) » .
I comparti più colpiti saranno i servizi ( dal 2,8% del 2019 al 3,8% del 2022) e le costruzioni ( dal 4,0% al 4,9%) mentre l’industria, pur aumentando i tassi dal 2,3% del 2019 al 2,9% del 2022, si manterrà su livelli inferiori a quelli del 2008 ( 3,3%). Le Pmi operanti nel settore terziario rappresentano l’unico cluster che al termine del periodo farà osservare tassi di deterioramento inferiori al pre- Covid ( 2,0% nel 2022 contro 2,1% nel 2019).
Nel 2020 c’è stata una forte riduzione degli Npl, favorita dalla cessione e dal calo dei nuovi flussi per i motivi sopra descritti. Lo stock degli Npl lordi è sceso alla soglia minima di 122 miliardi, quello delle sofferenze nette a 24 miliardi. A fine settembre 2020 il volume di nuovi prestiti in default originati da crediti a imprese erano pari a 10,3 miliardi, in calo del 15,5% rispetto allo stesso periodo del 2019.
« I dati confermano gli effetti positivi delle iniziative assunte dalle autorità, nazionali ed europee, e dalle banche. In uno scenario che resta incerto è necessario che le misure attivate per far fronte alla crisi siano mantenute in vigore sino al definitivo superamento dell’emergenza sanitaria » , ha affermato Giovanni Sabatini, dg dell’Abi. « Ora viene il difficile: il Covid ha impresso una forte accelerazione ad alcune tendenze, come la digitalizzazione, che hanno il potenziale di cambiare la struttura della nostra economia. È necessario - spiega Andrea Mignanelli, ad di Cerved - selezionare gli interventi, favorendo una transizione verso le imprese e i settori più produttivi » .
Le più colpite saranno le aziende di media dimensione e le imprese operanti nell’edilizia e nei servizi
Le piccole imprese e le aziende operanti nel settore industriale risulteranno relativamente meno colpite