I vaccini e le troppe polemiche su brevetti e difesa della proprietà intellettuale
Se usciremo dalla crisi del Covid, sarà per merito dei vaccini; quando ne usciremo, sarà grazie alla rapidità e all’efficacia della campagna di vaccinazione. Elementi da cui dipende – letteralmente – il nostro futuro. L’articolo di Silvio Garattini, pubblicato su « Il Sole 24 Ore » del 4 marzo, ne riconosce l’importanza e sollecita il governo a farne ulteriore provvista e a promuoverne la produzione in Italia.
Se abbiamo i vaccini così in fretta, se ne abbiamo di diversi tipi e se essi saranno presto disponibili in quantitativi sufficienti a immunizzare l’intera popolazione, è certamente dovuto non a una astratta scienza, ma alla concreta capacità dell’industria del farmaco, che si è avvalsa anche della collaborazione di alcuni governi. Insomma, è stato proprio il nostro mercato, caratterizzato dai requisiti della trasparenza e del controllo fondato sull’evidenza, ad avere successo.
La polemica sugli insufficienti livelli di consegna dei vaccini va temperata con il doveroso apprezzamento, che lo stesso Garattini ha espresso, per l’assunzione del rischio di produzioni anticipate rispetto al momento dell’approvazione da parte delle autorità. Non è un caso che il problema si proponga ancora di più per il vaccino di Stato russo che, se approvato, potrebbe aver bisogno di siti di produzione occidentali. Dei vaccini cinesi e dei loro processi di ricerca, sperimentazione e produzione non sappiamo per ora molto.
Semmai, la prospettiva di un prolungato periodo di vaccinazioni ripetute anche in relazione alle possibili mutazioni evidenzia la necessità di maggiori produzioni occidentali: è questo il principio alla base della strategia adottata dall’amministrazione americana e dalla Commissione europea. Lo stesso governo italiano, come hanno certificato le recenti riunioni col ministro Giorgetti, ha riconosciuto quanto sia indispensabile e strategico il contributo dell’industria.
La produzione dei vaccini richiede percorsi complessi per le doverose garanzie di qualità, per le tecnologie di processo indispensabili, per gli stessi luoghi fisici che le devono ospitare, per le altissime competenze dei tecnici e dei lavoratori coinvolti. Solo poche aziende potranno accelerare in Europa i tempi necessari a causa della loro situazione di partenza che può consentire limitate conversioni senza trascurare la continuità di produzione di farmaci salvavita altrettanto indispensabili.
Alla luce di tutto questo, una cosa possiamo dire con certezza: la proprietà intellettuale non rappresenta un ostacolo, tanto che i titolari delle licenze hanno dato disponibilità a concederle nei confronti dei siti produttivi adeguati. Proprio per questo le polemiche sulla proprietà intellettuale sono due volte dannose: da un lato mettono nel mirino un problema inesistente, distraendo l’opinione pubblica e la politica dalle questioni reali e concrete; dall’altro mettono in discussione, in modo disordinato, un sistema che ha consentito all’industria farmaceutica di trovarsi pronta di fronte alla sfida del virus. Tant’è che in Europa abbiamo già tre vaccini autorizzati, un quarto in arrivo, e in prospettiva altri ancora. Dovremmo quindi individuare gli strumenti per promuovere la realizzazione di ulteriore capacità produttiva in modo da garantire volumi adeguati a raggiungere l’immunizzazione sia nel mondo sviluppato, sia in quello in via di sviluppo. I governi occidentali giocano qui un ruolo essenziale, visto il contributo che possono dare non solo in termini finanziari, ma anche di velocizzazione di tutte le procedure autorizzative.
Il confronto tra il governo italiano e Farmindustria si è avviato sotto i migliori auspici e già sono state individuate concrete ipotesi di lavoro da verificare con sobrietà senza facili, ma irresponsabili promesse. L’industria del farmaco in Italia è composta di aziende di varia dimensione, composizione azionaria, radicamento nazionale. Tutte hanno accolto l’appello a concorrere, secondo il modello del salvataggio di Dunkerque, alla salute dei cittadini italiani secondo un approccio olistico di breve come di medio- lungo periodo. La condivisione dei percorsi di ricerca tra governo e industria rimane la via maestra per affrontare le nuove sfide per la nostra salute, a cominciare da quelle pandemiche che hanno ormai un carattere sempre più strutturale.
Le nostre imprese vogliono continuare a dare risposte con fatti concreti e non semplicemente a parole.