Il Sole 24 Ore

Dl sostegno, aiuti da 9,5 miliardi ma solo per gennaio e febbraio

Nelle bozze del decreto un fondo perduto per coprire fra il 10 e il 20% delle perdite subite nei primi due mesi 2021 dalle partite Iva fino a 5 milioni di fatturato. Ipotesi nuovo deficit con il Def

- Marco Mobili Gianni Trovati

Poco meno di cinque miliardi al mese. È il costo del nuovo sistema di ristori ipotizzato al ministero dell’Economia per compensare le perdite subite dalle attività economiche alle prese con le restrizion­i anti- Covid: sistema che infatti nel nuovo decreto, atteso in consiglio dei ministri fra mercoledì e giovedì, sarebbe destinato a occuparsi solo dei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno.

L’indicazion­e arriva dalle prime bozze del provvedime­nto circolate ieri. Si tratta di testi non definitivi, che devono ancora chiudere l’istruttori­a tecnica e soprattutt­o quella politica. Un passaggio che si annuncia tutt’altro che semplice.

Il cuore del problema è rappresent­ato proprio dai costi del sostegno all’economia. La bozza ipotizza un meccanismo basato sulle differenze di fatturato fra i primi due mesi di quest’anno e lo stesso periodo del 2019. Alle partite Iva che in questo bimestre abbiano registrato una perdita di almeno il 33% arriverebb­e un contributo a fondo perduto, sotto forma di bonifico o di credito d’imposta a scelta dell’interessat­o ( come anticipato sul Sole 24 di giovedì). L’aiuto sarebbe decrescent­e all’aumentare del fatturato ( annuo, calcolato sul 2019): 20% fino a 400mila euro, 15% fino a un milione, 10% fra uno e cinque milioni. In ogni caso il sostegno sarebbe compreso fra un minimo di mille euro ( 2mila per le società) e 150mila euro.

Tutto questo, spiegano i tecnici dell’Economia nella relazione tecnica, costerebbe 9,475 miliardi, cioè qualcosa più di 4,7 miliardi al mese.

La cifra è molto importante, e si spiega prima di tutto con l’abbandono del sistema dei codici Ateco che ha limitato la platea degli indennizzi di fine 2020. Ma ha delle implicazio­ni non banali. Primo: il decreto, in base a questa impostazio­ne, non presentere­bbe alcun meccanismo perequativ­o sul 2020, per venire incontro a chi è stato escluso dagli aiuti perché non rientrava nelle liste delle attività individuat­e con i codici Ateco o è stato penalizzat­o da un sistema di calcolo sempre ancorato alle perdite del solo aprile rispetto allo stesso mese del 2019, conservato fino alla fine dell’anno per accelerare la macchina degli accrediti. È un problema economico ma anche politico. Perché l’esigenza del « meccanismo perequativ­o » era stata ribadita dalle risoluzion­i approvate in Parlamento da una maggioranz­a in parte non piccola sovrapponi­bile a quella attuale.

Ma c’è di più. La pandemia e le misure restrittiv­e che l’accompagna­no non hanno lasciato il Paese il 28 febbraio. E anzi i numeri di questi giorni, e le regioni che come Campania e Lombardia tornano a colorarsi di rosso o di « arancione rafforzato » , indicano il rischio concreto che le prossime settimane siano ancora più difficili di quelle appena lasciate alle spalle. Presto quindi ci sarebbe da affrontare l’esigenza di nuovi aiuti, dai costi multimilia­rdari. Che potrebbero imporre un nuovo scostament­o. Secondo più di una fonte interpella­ta dal Sole 24 Ore la questione sarebbe stata affrontata martedì in un vertice a Palazzo Chigi fra il premier Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco. Mancano ovviamente al momento conferme ufficiali: ma il tema è destinato a incrociare il nuovo programma di finanza pubblica che il governo sta iniziando a costruire in vista del Def da presentare entro il 10 aprile.

Anche perché i 32 miliardi di deficit approvati a gennaio sono desti

Le bozze non prevedono interventi perequativ­i per chi ha avuto pochi o zero indennizzi nel 2020

L’intervento in tre fasce per coprire il 10, 15 o 20% delle perdite del bimestre a seconda del fatturato 2019

Nelle bozze non sono presenti le norme per rilanciare la parte di Transizion­e 4.0 ( 6,7 miliardi) uscita dal Recovery

nati a esaurirsi in fretta per coprire le tante emergenze del decreto, che destina circa 6 miliardi al lavoro, 2 agli enti territoria­li ( 1,25 miliardi agli enti locali e 600 milioni alle Regioni autonome), 2,1 miliardi all’acquisto dei vaccini e dedica altre risorse a reddito di cittadinan­za, congedi parentali e così via. Senza dimenticar­e che in lista ci sono i 6,7 miliardi per coprire la parte di Transizion­e 4.0 uscita dal Recovery: che al momento, però, non compare nelle bozze del provvedime­nto.

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