Mascherine false, segnalate al Mise sette mesi fa
Sono almeno una trentina i produttori di mascherine che si erano accorti già dalla scorsa estate - in Italia e in Europa - della scarsa qualità di molti dispositivi di protezione immessi nel mercato durante la pandemia, mettendo così in dubbio la validità di alcune procedure di certificazione. A loro si sono uniti anche le associazioni di farmacisti. Nel mirino era finito soprattutto l’ente turco Universalcert, oggi oggetto di indagine da parte dell’Olaf ( l’organismo anti contraffazione europeo), segnalato anche al Mise e quindi alla piattaforma Rapex, il database attraverso cui l’Unione europea monitora la pericolosità dei prodotti sulla base delle segnalazioni degli Stati. L’associazione di categoria italiana Assosistema Safety, che rappresenta produttori e distributori di Dpi, e la Eurpean Safety Federation, che raccoglie le associazioni a livello europeo, confermano le ricostruzioni giornalistiche secondo cui la certificazione dell’ente turco potrebbe essere stata apposta in modo affrettato, senza i controlli regolari. La Universalcert, che usa il marchio CE 2163, avrebbe infatti realizzato solo analisi documentali, tralasciando i test in laboratori, findandosi di quelli realizzati dai produttori nel proprio paese, per esempio in Cina. Si tratta quindi di un terreno scivoloso: il marchio esiste davvero, la Universalcert lavora per l’Europa sulla base di un accordo commerciale bilaterale. Tuttavia, sulla base delle ricostruzioni dell’indagine, avrebbe usato il suo marchio in modo “spregiudicato”, garantendo agli imprenditori in pochi giorni una certificazione che altrimenti, nei paesi europei, sarebbe arrivata soltanto 2 o 3 mesi dopo. Nel mercato italiano sono così finite moltissime mascherine, sia chirurgiche che Ffp2, con un filtraggio pari al 20- 30%, mentre dovrebbe essere pari al 95%, e talvolta poco adattabili al viso con tratti somatici europei ( ma pensate per i volti asiatici). Secondo Claudio Galbiati, presidente di Assosistema Safety, occorre una maggiore vigilanza e lancia un appello alla politica di togliere la possibilità di immissione nel nostro paese di dispositivi non marcati CE ( cosa resa possibile dalla deroga concessa alle Regioni e che prima era dell’Inail). Il problema, per l’ente turco, è che produce proprio un marchi CE.