Recovery, il warning della Camera: leggi delega non decreti
Dopo il parere sui Dpcm, il 10 marzo arriverà al governo quello sul Pnrr
« Se il governo si affiderà per l’attuazione delle riforme che accompagneranno il Recovery plan ad una serie di decreti legge, questi avranno inevitabilmente dimensioni abnormi e l’esame parlamentare risulterà inevitabilmente complesso » .
Dopo l’approvazione all’unanimità sia in commissione Affari costituzionali sia nel comitato per la legislazione del « parere » con cui si indica al governo di superare la strada dei Dpcm per la gestione dell’emergenza in favore di veri e propri decreti ( « appare opportuno avviare una riflessione, alla luce dell’esperienza maturata, sul superamento dello strumento dei Dpcm » ) , la Camera dei deputati si appresta a lanciare un secondo e pesante warning in direzione dell’esecutivo guidato da Mario Draghi: sul Recovery si scelga la strada della collaborazione con il Parlamento abbandonando l’ipotesi di riforme così importanti da approvare tramite decretazione d’urgenza. Il nuovo parere sarà votato mercoledì 10 marzo, ancora una volta all’unanimità, nel comitato per la legislazione - attualmente presieduto dal democratico Stefano Ceccanti - e con ogni probabilità anche questa volta in prima commissione, dove la relatrice pentastellata Vittoria Baldino si è resa disponibile. L’alternativa che la Camera si appresta a proporre - spiega Ceccanti - è il modello della legge delega di riforma n. 421 del 1992 adottata dal primo governo Amato. « Al di là dei giudizi sui contenuti, quella legge delega rappresentò sul piano del metodo un’importante innovazione » , ricorda Ceccanti. « Essa conteneva tre deleghe di riforma settoriale dedicate rispettivamente alla sanità, alla previdenza e alla finanza territoriale. Prevedeva inoltre tempi stretti per l’attuazione della delega ( 90 giorni) e il parere parlamentare sugli schemi di decreto » .
Insomma, è chiaro che dopo avere in qualche modo subito la sequela dei Dpcm sull’emergenza sanitaria, trovandosi a doverli convertire di corsa una volta trasformatisi in decreti legge, il Parlamento non vuole essere esautorato anche nella partita del Piano nazionale di ripresa e resilienza per ottenere gli oltre 200 miliardi di euro ( tra prestiti agevolati e sussidi a fondo perduto) che il premier Mario Draghi e il suo ministro dell’Economia Daniele Franco stanno mettendo a punto, di fatto riscrivendolo, e che andrà presentato a Bruxelles entro aprile. Nel caso del Pnrr si potrebbero immaginare deleghe sui pilastri fondamentali, è il suggerimento che verrà dalla Camera: ad esempio la transizione verde, la trasformazione digitale, la sanità, la scuola. « Nell’approvare le deleghe il Parlamento dovrebbe avere cura di garantire una formulazione attenta e non vaga dei principi e criteri direttivi. Anche coinvolgendo le autonomie territoriali » . Un parere interessato, quello in arrivo sull’utilizzo delle deleghe sul Recovery plan, dal momento che con questo strumento il Parlamento avrebbe maggiori possibilità ( e più tempo) di approvare modifiche rispetto allo strumento del decreto legge. Così come è interessati il parere sui Dpcm già arrivato, ora che Draghi sembra aver inaugurato l’uso dei Dpcm sull’emergenza sanitaria ( il suo primo è quello del 2 marzo, che entra in vigore proprio oggi): il controllo sui Dpcm da parte del Parlamento è pressoché nullo.