Tessile, Albini ristruttura e chiude Mottola
Lo stop interessa 118 addetti nel Tarantino, a Bergamo incentivi per 35 uscite
Il Cotonificio Albini si riorganizza. Chiude lo stabilimento di Mottola, in provincia di Taranto, dove lavorano 118 persone, e porta avanti un piano di uscite volontarie nella bergamasca, nello stabilimento di Albino e nel polo logistico di Gandino. Sulla chiusura del sito tarantino sta per aprirsi una fase negoziale piuttosto complessa, mentre nella bergamasca è stata già raggiunta un’intesa con i sindacati che prevede l’adesione all’uscita di un massimo di 35 persone, entro il 30 marzo, e si rivolge, in via prioritaria, a chi matura i requisiti pensionistici nell’arco dei prossimi due anni. In questo caso, l’azienda si impegna a coprire fino al 75% della retribuzione annua lorda, da cui va sottratto il corrispettivo ( sempre lordo) della Naspi.
La riorganizzazione di Albini è la conseguenza di una tendenza in corso già da qualche anno, che vede una sovracapacità produttiva italiana sulle tessiture meno specialistiche. Per capire come si arriva alla chiusura di Mottola bisogna prima raccontare che cosa è il Cotonificio Albini . E cioè una tessitura da cui escono prodotti di grande pregio, grazie al lavoro di 1.300 persone di cui oltre due terzi, impiegate negli stabilimenti italiani. Albino e Gandino, in provincia di Bergamo, Brebbia ( Varese), Mottola ( Taranto). A questi si aggiungono i due siti esteri, uno in Egitto, a Borg El Arab, e uno in Repubblica Ceca, a Letohrad.
Rispetto al fatturato netto di 117,9 milioni del 2019, nel 2020 il Cotonificio Albini ha registrato una contrazione di un terzo. E in prospettiva lo scenario non è favorevole perché oggi il comparto tessile- moda è caratterizzato da un eccesso cronico di offerta, dalla guerra dei prezzi scatenata dalla filiera asiatica, dalla generalizzata riduzione dei consumi e dalla crisi subita da una parte importante degli operatori del settore del l’abbiglimento, in particolare formale. A questo fenomeno strutturale si è aggiunta la pandemia che ha colpito il tessile molto più di altri settori. Nel caso specifico del Cotonificio Albini c’è stata una riduzione dei volumi e un aumento della sovracapacità produttiva nella tessitura meno specialistica, ossia quella che si fa nel sito di Mottola, focalizzato sulle grandi commesse. Anche per questo il gruppo non prevede alcuno spostamento né trasferimento all’estero di volumi produttivi oggi presenti a Mottola. L’obiettivo è semmai quello di allineare struttura e capacità produttiva in Italia alle esigenze del mercato.
A causa delle perdite economiche del sito di Mottola, Albini group ( la holding che controlla il Cotonificio) ha fatto ricorso a prestiti infragruppo, contratti di solidarietà e cassa integrazione e, dopo aver valutato all’interno del proprio piano strategico le possibili alternative, ha deciso di cedere le attività, mettendo in liquidazione tecnica la società Tessitura di Mottola, interamente controllata dal gruppo. Il primo passo dell’operazione comunicata ai sindacati è l’incarico alla società Vertus che dovrà accompagnare la reindustrializzazione del sito e il percorso di outplacement dei lavoratori. Date le criticità sociali del territorio, i sindacati hanno già annunciano azioni di protesta. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec di Taranto, garantiscono: « Noi e i lavoratori non accetteremo silenziosamente questa scelta » . Siamo di fronte « all’ennesima storia di un’impresa che si insedia in un territorio solo per riceverne vantaggi - dicono - e non per contribuire al suo sviluppo, e quando finiscono opportunità fiscali e sgravi , alla prima occasione si levano le tende, in questo caso gli impianti, lasciando per strada 120 lavoratori e le loro famiglie » .