Il guerrilla marketing della filiera
Qualcuno, durante la serata delle cover di giovedì, avrà sicuramente notato simboli come un “play” viola e un “pause” nero. Li indossavano gli artisti sul palco dell’Ariston e i loro ospiti. È partita così la campagna “I diritti sono uno spettacolo”, organizzata da La Musica che gira, il coordinamento di lavoratori dello spettacolo nato poco meno di un anno fa, in corrispondenza con lo stop agli eventi live imposto dal coronavirus. Il fine è quello di sensibilizzare il decisore pubblico a compiere azioni concrete a sostegno di un settore che, più di altri, rischia di essere spazzato via dall’emergenza sanitaria. Da febbraio 2020 a questa parte, infatti, la filiera della musica sta battendo con forza la strada della comunicazione sociale. Talvolta con le strategie del guerrilla marketing. Abbiamo avuto, per esempio, il movimento dei “Bauli in piazza” che ha organizzato flashmob in giro per le città italiane e, in occasione delle festività natalizie, addirittura alberi di Natale di bauli per allestimenti scenici. E il 27 febbraio abbiamo avuto il webmob “L’ultimo concerto?” che ha destato non poco dibattito tra i fan. Era stato annunciato come un evento in streaming in diretta da 130 live club italiani con nomi che andavano da Brunori Sas agli Zen Circus. Ma gli artisti coinvolti non hanno suonato. Motivo: l’ultimo concerto, in Italia, potrebbe esserci già stato.