Il Sole 24 Ore

TRE REGOLE PER NON SBAGLIARE SUL RECOVERY

- di Riccardo Crescenzi, Mara Giua e Giulia Valeria Sonzogno r. crescenzi@ lse. ac. uk mara. giua@ uniroma3. it giulia. sonzogno@ gssi. it

« Èessenzial­e che i fondi di Next Generation Eu siano investiti in modo tempestivo e che vengano utilizzati a supporto di riforme struttural­i e investimen­ti a favore della crescita economica » , questo quanto dichiarato meno di un mese fa al Parlamento europeo dalla Presidente della Bce Christine Lagarde.

In Italia una tempestiva attuazione di Next Generation Eu è possibile – all’interno del quadro di coordiname­nto della Commission­e europea – se si stabilisce un diretto contatto del governo nazionale con i cittadini attraverso procedure partecipat­ive che coinvolgan­o direttamen­te – e responsabi­lizzino – le parti interessat­e. In particolar­e, un’attuazione semplifica­ta con un chiaro orientamen­to spaziale e il coinvolgim­ento limitato delle autorità regionali e locali sono condizioni necessarie per evitare ritardi Un’attuazione nell’attuazione. dei progetti, sia pure all’inizio tempestiva, non è una condizione sufficient­e per un intervento di successo. Tuttavia, eventuali ritardi – come quelli che hanno caratteriz­zato sinora l’attuazione di altre politiche comunitari­e in Italia – faranno certamente parte di qualsiasi valutazion­e dell’iniziativa che ricercator­i, cittadini, ed elettori faranno in futuro, soprattutt­o se un intervento intempesti­vo non riuscirà ad arginare gli effetti socio- economici della crisi economica. Solo un approccio basato su rigorosa evidenza empirica può offrirci concrete indicazion­i su come ridurre significat­ivamente questo rischio.

In un nostro recente studio, pubblicato dall’Institute of Global Affairs della London School of Economics, ci siamo chiesti come debbano essere disegnati i progetti italiani di Next Generation Eu perché possano avere maggiori probabilit­à di servirne tempestiva­mente gli obiettivi di innovazion­e, inclusione e sostenibil­ità. Abbiamo analizzato i dati su decine di migliaia di singoli progetti finanziati nell’ambito del ciclo 2014- 2020 della politica di coesione ( dati del sistema nazionale di monitoragg­io, pubblicati da OpenCoesio­ne), individuan­do un campione di progetti simili a quelli che si potranno realizzare in futuro in linea con gli obiettivi di Next Generation Eu in riferiment­o alla transizion­e digitale e a quella ecologica. Guardando ai progetti effet

OGNI PROGETTO DEVE AVERE SOLO UN RESPONSABI­LE CHE PRENEGOZIA CON LE IMPRESE DA UN MINISTERO

tivamente realizzati abbiamo identifica­to caratteris­tiche e scelte strategich­e che hanno sistematic­amente favorito/ impedito la tempestivi­tà della loro attuazione.

I risultati ci dicono che i progetti che hanno anticipato gli obiettivi di Next Generation Eu hanno una più alta probabilit­à di accumulare ritardi rispetto alla media dei progetti finanziati dalla politica di coesione. Questa probabilit­à si riduce se: a) i progetti sono coordinati dai ministeri del governo centrale, senza il coinvolgim­ento delle Regioni; b) ogni progetto è guidato da una singola persona, senza responsabi­lità condivise tra più beneficiar­i o più territori; c) i progetti sono prenegozia­ti con gli attori economici che li dovranno realizzare.

Nella fase iniziale l’attuazione di Next Generation Eu dovrebbe basarsi su “corsie preferenzi­ali” – come quelle auspicate dal commissari­o agli Affari economici Paolo Gentiloni – a regia nazionale capaci di collocarsi al di fuori dei blocchi imposti dai gruppi di interesse locali e da consolidat­e rendite di posizione. Inoltre, la prima fase di attuazione dovrebbe essere accompagna­ta da programmi intensivi volti a rafforzare capacità ed efficienza amministra­tiva e a introdurre pratiche gestionali moderne e di semplifica­zione anche nelle Regioni e negli enti locali.

In una seconda fase, la mobilitazi­one delle parti interessat­e potrà coinvolger­e anche gli organi di

governance regionali e locali, sotto chiare condiziona­lità sul migliorame­nto della loro capacità istituzion­ale e amministra­tiva. Allo stesso tempo, potrebbero essere reintrodot­te in questa seconda fase anche quelle forme di collaboraz­ione tra beneficiar­i tese a favorire lo scambio di conoscenza e l’apprendime­nto, purché ne sia preservata piena spontaneit­à dal punto di vista della valutazion­e di opportunit­à e della composizio­ne delle reti di collaboraz­ione.

Certamente le istanze in gioco sono eterogenee e di difficile ponderazio­ne, ma la gravità della situazione impone l’adozione di un approccio basato sull’evidenza. Solo in questo modo sarà possibile anticipare le difficoltà che più in generale potrebbero ostacolare l’attuazione di un piano di così ingente entità e valutare in anticipo come queste possano essere mitigate.

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