Con l’amministrazione giudiziaria azienda risanata e valore tutelato
Il caso Uber Italy evidenzia il potenziale di questo strumento contro gli illeciti
Risanare mantenendo l’attività e il valore dell’azienda. La vicenda che ha riguardato Uber Italy Srl, e che si è chiusa positivamente due giorni fa con il decreto, firmato dal magistrato Fabio Roia del Tribunale di Milano, di revoca anticipata dell’amministrazione giudiziaria della società, è un esempio positivo di come si possa intervenire a fronte di illeciti.
Lo scorso mese di maggio nei confronti di Uber Italy è stata disposta l’amministrazione giudiziaria perché un’indagine aveva evidenziato le condizioni di lavoro dei rider impiegati da Uber eats, con la configurazione del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto dall'articolo 603- bis del Codice penale. Irregolarità che però derivavano principalmente dall’utilizzo di intermediari ( fleet partner) che si occupavano di reclutare e gestire i ciclofattorini.
Proprio perché la società aveva una posizione di terzietà, è stato disposto il provvedimento di amministrazione giudiziaria sulla base dell’articolo 34 del Dlgs 159/ 201. Che è uno strumento, come spiegato dall’amministratore giudiziario Cesare Meroni e dai coadiutori Marcella Vulcano e Fabio Cesare, complesso in quanto caratterizzato da vari livelli di applicazione fino all’impossessamento degli organi gestori dell’azienda oggetto del provvedimento. Nel caso di Uber Italy, amministratore e coadiutori non hanno sostituito i vertici della società ma li hanno affiancati. È iniziato così un percorso nel quale amministratore e coadiutori hanno indicato e spiegato le decisioni da prendere all’azienda, che ha collaborato e utilizzato questa situazione per migliorare.
L’amministrazione giudiziaria, come sottolineato dal team incaricato dal Tribunale, soprattutto se non prevede lo spossessamento totale dell’azienda, consente di proteggere il valore di quest’ultima, mentre con altri interventi rischia di essere compromesso, ad esempio, perché fornitori e clienti si allontanano dalla stessa.
Nel caso specifico, il percorso ha portato all’adozione del modello organizzativo 231, alla nomina di un responsabile della compliance e di un organismo di vigilanza, al divieto di utilizzare fleet partner, al riconoscimento di compensi mediamente superiori a quelli previsti dal contratto collettivo per rider autonomi, nonché a un protocollo a tutela della salute e sicurezza dei ciclofattorini che prevede, tra le altre cose, la dichiarazione di verifica dell’idoneità tecnico professionale, una polizza assicurativa integrativa aggiuntiva alla copertura Inail, corsi gratuiti di formazione, fornitura di indumenti e dotazioni di protezione.