Vino, ricavi da 17 a 100 milioni in cinque anni per Bertani
La frenata del 2020 non cambierà i piani di investimento del ceo Ettore Nicoletto, che già quando era alla guida del gruppo Santa Margherita aveva compiuto un percorso analogo
Passare da 17 a 100 milioni di fatturato in 5 anni prima rafforzando la squadra e poi con un robusto piano di acquisizioni. Che a Bertani Domains – il gruppo vitivinicolo che fa capo alla multinazionale della farmaceutica Angelini – volessero fare le cose in grande lo si era capito già quando, giusto un anno fa, hanno scelto come proprio ceo Ettore Nicoletto, il manager che ha guidato negli scorsi anni la grande escalation dimensionale e di mercato del Gruppo Santa Margherita. Ma ora oltre ai propositi c’è il piano industriale presentato e approvato dalla holding.
Un piano i cui obiettivi non sono stati scalfiti neanche dal difficilissimo 2020. « Un anno nel corso del quale abbiamo perso il 24% del nostro giro d’affari – spiega Nicoletto –. Certo il Covid ha pesato sulle aziende come la nostra particolarmente esposte con il canale della ristorazione. Ma non solo. Il 2019 era stato un anno in cui si era “stoccato” molto. Ristoranti e catene della grande distribuzione in particolare negli Usa avevano acquistato molto vino per mettersi al riparo dalla minaccia dei dazi annunciati dal presidente Trump. Per questo il Covid non solo ha chiuso i ristoranti, ma li ha chiusi con le cantine piene. Il che significa che neanche le brevi aperture hanno consentito di far riprendere le vendite di vino. Insomma un anno davvero difficile » .
Un anno che però alla Bertani
Domains non hanno trascorso a contare le perdite ma a riorganizzare l’intera struttura. « In questi difficili mesi – aggiunge il ceo – non solo non abbiamo ridotto il personale, ma abbiamo potenziato l’organico rinnovando l’intera top line. Preparando insomma il terreno per il grande salto » . Tra gli innesti più importati quelli dell’esperta di marketing e comunicazione Eleonora Guerini e del nuovo responsabile commerciale, Giuseppe Di Gioia, entrambi con robuste esperienze nel settore vitivinicolo.
Bertani Domains, che ha in portafoglio quattro grandi realtà: Bertani in Valpolicella, il polo toscano che conta su Val di Suga ( Montalcino), Trerose ( Montepulciano) e Sanleonino ( nel Chianti Classico), l’etichetta Puiatti in Friuli e l’iconico brand del Verdicchio, Fazi
Battaglia ( complessivamente 460 ettari di vigneti) punta nel brevissimo termine – e ad asset invariati – a ritornare ai livelli di fatturato pre- Covid ovvero a quota 25 milioni e a un livello di crescita di Ebitda del 5- 6% e poi partire con la campagna di acquisizioni.
« Un percorso che conosco bene – spiega ancora Nicoletto – avendone guidato uno analogo in un gruppo consolidato come Santa Margherita. Bisogna individuare obiettivi che siano innanzitutto complementari con la nostra offerta e che abbiano margini di crescita dimensionale e sui mercati. E il team che abbiamo creato è in grado di fare scouting, di integrare i business e renderli più efficienti. Soddisfatte queste condizioni siamo aperti anche ad acquisizioni di realtà più grandi della nostra » .
Sul fronte del merger & acquisition c’è un altro punto che sta a cuore al manager che guida Bertani Domains e cioè che nel mondo del vino spesso è preferibile una joint venture a un’acquisizione al 100%. « È importante – spiega – avere come socio il fondatore dell’azienda che ha sviluppato quel business. Le cantine poi hanno forte radicamento territoriale, relazioni con i conferenti e con le amministrazioni locali. Una buona acquisizione passa anche dal massimo rispetto per quello che è stato fatto » .
E quali sono dunque i territori e i prodotti ai quali Bertani Domains sta guardando? Innanzitutto il mondo delle bollicine e dei vini sparkling, « con in prima fila Prosecco e Franciacorta – chiarisce il ceo – perché sono assenti nella nostra offerta e poi perché siamo certi che quando ci saranno le condizioni la ripresa dell’economia e dei consumi sarà molto forte e quella che molti già chiamano revenge spending post Covid partirà proprio dal mondo degli aperitivi. In seconda battuta guardiamo alla Toscana, in particolare nelle aree dove non siamo già presenti, e poi Sicilia e Puglia. Di certo non il Lugana che qualcuno ci attribuisce e che già abbiamo nella nostra offerta. Ma soprattutto cerchiamo brand affermati non volumi di prodotto. Vogliamo crescere velocemente e non abbiamo il tempo di creare ex novo dei brand. Vogliamo marchi affermati per diventare una sorta di Lvmh del vino italiano » .
« Dal Vietnam alla Danimarca fino al Giappone per ogni Paese c’è il giusto vino italiano »