Ruoli fiscali cancellati dopo cinque anni se lo Stato non incassa
Ipotesi riscossione riformata, ma cresce la tensione su fisco e ristori
Un taglio drastico nei tempi della riscossione, con l’obiettivo di tenere a mollo per un massimo di cinque anni i ruoli fiscali, che diventerebbero inesigibili una volta trascorso quel tempo senza essersi trasformati in incassi.
C’è anche questa riforma nelle bozze del decreto con i nuovi aiuti all’economia che dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri a metà della prossima settimana. Nel capitolo delle misure chiamate a ripulire il magazzino da mille miliardi di vecchi crediti della riscossione, accanto alle ipotesi di stralcio delle mini- cartelle fino al 2015, si affaccia una modifica strutturale dei meccanismi che oggi guidano la macchina della riscossione.
Strutturale ma anche molto ambiziosa, se confrontata con il calendario attuale che per evitare impatti sui conti pubblici tiene artificialmente in vita fino al 2039 i vecchi ruoli affidati nel 2000. Nel nuovo sistema, invece, il discarico arriverebbe in automatico dall’affidamento all’agente della riscossione senza i costi amministrativi che la verifica puntuale sull’inesigibilità effettiva carica sugli enti creditori. Per stare nei tempi, però, l’agenzia delle Entrate dovrebbe assicurare il primo tentativo di notifica entro 9 mesi dall’iscrizione a ruolo, sulla base di criteri operativi fissati ogni anno come atto aggiuntivo delle convenzioni annuali fra Mef e agenzia delle Entrate.
Solo nei prossimi giorni si capirà però se tanta ambizione è destinata a trovare posto nel testo finale del decreto legge, che fra le altre cose sospende fino al 30 aprile i pagamenti delle cartelle e rimanda al 31 luglio ( per le rate relative al 2020) e al 30 novembre ( per le rate 2021) i versamenti della pace fiscale che erano dovuti entro il 1° marzo ed erano stati fermati in extremis dal comunicato Mef di sabato scorso.
Se il salvagente che evita ai contribuenti la decadenza dai benefici della pace fiscale appare certo, tutto il resto del capitolo fiscale deve ancora trovare la quadra nella maggioranza. In un contesto teso ulteriormente dalle ipotesi di nuovi aiuti all’economia per 9,5 miliardi limitati però alla copertura parziale delle perdite di gennaio e febbraio 2021, abbandonando le ipotesi di un sostegno ulteriore per chi è stato penalizzato o ignorato dai ristori dell’anno scorso.
Su entrambi i versanti la maggioranza comincia ad agitarsi, in un dibattito politico che al momento non sembra coinvolgere l’ala tecnica del governo. L’addio silenzioso al « meccanismo perequativo » promesso più volte dal Parlamento nei mesi scorsi non è indolore. Dario Nardella, sindaco di Firenze e voce molto ascoltata in questa travagliata fase del Pd, ieri ha preso carta e penna per chiedere al ministro del Turismo Garavaglia « alcune importanti modifiche » da introdurre rispetto alle ipotesi della bozza. Due su tutte: considerare il danno subito « nell’intero periodo pandemico » , cioè da marzo 2020 a febbraio 2021, e togliere il tetto dei 5 milioni di fatturato per i beneficiari dei nuovi aiuti « che taglia fuori molte imprese alberghiere » . Le stesse richieste sono arrivate ieri da Federalberghi, che ha ricordato la perdita di fatturato 2020 del 54,9% certificato nei giorni scorsi dall’Istat: « Ci saremmo aspettati che il decreto tenesse conto di questa tragedia » , lamentano gli albergatori. E ancora più duri sono i toni usati da Confesercenti, che parla di « inaccettabile colpo di spugna sulle perdite 2020 » . Accuse raccolte prontamente dalla leader di Fdi Giorgia Meloni, che dall’opposizione parla di « rischio beffa per le imprese » .
Ma anche sul fisco, si diceva, la tensione cresce insieme ai turbamenti di Pd e Leu sulle ipotesi di condono delle vecchie cartelle. Non piace, in particolare, lo stralcio automatico dei debiti 2000- 2015 sotto una certa soglia, che secondo le ipotesi più solide sarebbe fissata a 5mila euro e in ogni caso sgraverebbe anche i contribuenti con i redditi al riparo dalla crisi pandemica. Per questa ragione da sinistra si propone una strada alternativa, e analitica, che cancelli solo le cartelle davvero inesigibili perché dovute da imprese fallite o contribuenti deceduti o nullatenenti. Ma la Lega spinge in direzione opposta e con il leader Matteo Salvini torna a chiedere una nuova pace fiscale con rottamazione- quater e saldo e stralcio. Richieste avanzate anche dagli esponenti economici del Movimento 5 Stelle, che respingono al mittente anche l’ipotesi rilanciata ieri dall’ex viceministro all’Economia Antonio Misiani ( Pd) di dirottare tre miliardi dal cashback alla lotta alla povertà. « Il cashback non va cancellato perché fa pagare meno tasse » , ribattono. Un groviglio intricato per i tecnici del governo alla loro prima prova di politica economica.
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