IL BITCOIN E LA RIVALITÀ CON L’ORO
Il 2021 potrebbe rivelarsi l'anno dell'affermazione delle criptovalute all'interno del sistema finanziario internazionale. L'ascesa del prezzo di Bitcoin ( Btc + 145%) e del suo principale concorrente Ethereum ( Eth + 150%) negli ultimi tre mesi ha attirato l'attenzione degli operatori più scettici, anche se sembra che il mercato abbia scelto per questi “oggetti finanziari” un ruolo diverso: non valute assimilabili al cash, ma assets digitali con ambizioni di riserva di valore.
In maniera pragmatica, Bitcoin è definito dall'uso che ne fanno gli utenti piuttosto che da prese di posizioni astratte. Regulators ed autorità fiscali hanno evidenziato bene i motivi per cui non potesse funzionare come mezzo di scambio.
Innanzitutto il network decentralizzato di Btc non è adattabile alla dimensione del sistema finanziario globale. Il network di pagamento di Visa processa circa 1.700 transazioni al secondo, mentre quello di Btc può arrivare a sette. Se queste performance potevano essere migliorate, la soluzione sarebbe già stata implementata. In gergo tecnico si dice che la tecnologia sottostante non è “scalabile”. Inoltre i costi di transazione della rete Btc sono elevati ed hanno raggiunto livelli insostenibili nei periodi di maggiore domanda degli utenti: durante la bolla del 2017 il costo medio passò da 0,3$ di gennaio ai 50$ di dicembre mentre da dicembre 2020 ad oggi siamo passati da 1$ a 22$. In ultima istanza Btc non è una valuta perché non circola come una valuta. Gli utenti sembrano
‘‘ La volatilità del prezzo di Btc è almeno 10 volte superiore a quella dell’oro e nessuno strumento che ambisce a diventare riserva di valore può ammettere simili oscillazioni sui mercati
preferire la tesaurizzazione, assegnando de facto a Btc il ruolo di investimento a lungo termine. Si consideri la distribuzione dei Btc coniati dal 2009 ad oggi nei wallets digitali. I dati mostrano come l' 80% dei Btc resti inattiva nei wallets per periodi di tempo superiore a due mesi e non venga negoziata sul mercato. Un 10% è fermo dall'avvio del network nel 2009- 2010: sono i così detti “Btc di Satoshi”, dal nome del presunto ideatore del protocollo Btc. Si tratta di una quantità prodotta quando i costi di mining erano minimi e che – se mossa – ancora oggi potrebbe influenzare in maniera determinante il mercato.
Dal 2015 circa ha preso piede il concetto di Btc come “oro digitale” in connessione con l'ascesa del prezzo. In questa visione, perde importanza l'efficienza di Btc come cash digitale nell'utilizzo nelle transazioni quotidiane, mentre acquista peso una caratteristica intrinseca del suo design: la scarsità progressiva.
L'offerta di Btc è limitata a 21 milioni e cresce secondo un algoritmo ad un tasso predeterminato, che è decrescente nel tempo. Ad oggi ne sono stati prodotti 18,6 milioni, intorno all' 80%. Lo stock di Btc esistenti è oramai predominante rispetto alla massima produzione ottenibile ( il flow). Si tratta di una caratteristica tipica delle commodities che sono utilizzate dagli operatori finanziari come riserva di valore ( oro e argento).
Oro e Btc sono dunque entrambi assets scarsi ed inalterabili ( il primo fisicamente, il secondo digitalmente) e sono utilizzati come riserva di valore dagli utenti. Tuttavia Btc non si comporta come l'oro. La volatilità del prezzo di Btc è almeno 10 volte superiore e nessuno strumento che ambisce a diventare riserva di valore può ammettere simili oscillazioni sui mercati. Questa enorme volatilità potrebbe ridursi con l'espansione del mercato e la crescita della liquidità, ma è prematuro crederci. Inoltre, l'oro funge da safe haven ( porto sicuro) nei momenti di alta inflazione e durante il crollo dei mercati finanziari tradizionali. Fino ad ora Btc ha mostrato di amplificare in maniera pro ciclica i movimenti dei mercati. Non un viatico per un investimento sicuro. In conclusione, Btc si è imposta sul mercato come una nuova asset class speculativa che mostra grandi ambizioni. Sarà interessante vedere come andrà a finire.