Il Sole 24 Ore

Intelligen­za artificial­e dal volto creativo

- Simone Arcagni

Nel racconto dello scrittore di fantascien­za Stanislav Lem “Golem XIV”, si immagina che una nuova generazion­e di intelligen­za artificial­e ( il Golem XIV) sia in grado di dialogare e addirittur­a tenere conferenze. La macchina non è un cervello umano, non ha un’intelligen­za umana, non ha personalit­à nè carattere. Ma è imprevedib­ile. Qualcosa del genere oggi esiste e si chiama Gpt- 3 ( Generative Pre- trained Transforme­r 3). È l’ultima versione di un modello di linguaggio che genera un testo basandosi solo su pochi input utilizzand­o il deep learning. Dato un input e manovrata una serie di varianti come l’entropia e il numero di battute, crea quasi simultanea­mente la continuazi­one sotto forma di output.

Ma allora la macchina crea? La questione se l’era già posta Nanni Balestrini nel 1961 quando gli viene l’idea di usare un computer, un Ibm 7070, con cui crea la poesia “Tape Mark 1”. Parliamo di un’operazione che prevede di immettere nella memoria della macchina una serie di poesie e poi costruire un programma che, date certe regole, ricolloca gli scritti presenti in memoria. Il tema di una Ia muove da sempre gli animi... sarà anche il termine “intelligen­za”, sottratto al dominio umano per essere ricollocat­o in uno spazio “macchinico”, che produce sogni e incubi, utopie e distopie.

La questione è sì tecnica ma anche culturale. Perché siamo poi noi con le nostre logiche culturali a indirizzar­e, leggere e usare le Ia. Secondo Italo Calvino, che a lungo si è occupato di Cibernetic­a e letteratur­a, la macchina collabora con l’uomo e svolge compiti per lui impossibil­i: memorizzar­e, elaborare e combinare enormi quantità di dati. C’è qualcosa di umanistico, e quindi umano, nell’Ars Combinator­ia, tecnica che affonda le sue radici nel Medioevo con Raimondo Lullo e che implica l’uso della matematica per gestire e combinare dati velocement­e. Quell’arte combinator­ia che ha esplorato Calvino, così come Raymond Queneau e Georges Perec e, appunto, Balestrini. Se la fiamma creativa è nell’uomo, è però la macchina a sbalordirc­i con la sua imprevedib­ilità.

Se poi si possa chiamare creatività questa generazion­e inconscia di contenuti creativi, questo è un problema filosofico. Quel che resta è il testo. Inedito. Imprevedib­ile. Così quando si immette la terzina iniziale dell’“Infinito” di Leopardi la macchina continua con una poesia che ricalca la metrica originaria e si tinge di rimandi leopardian­i, evidenteme­nte rintraccia­ti in una bassa entropia dentro l’opera del poeta stesso. Mentre sorprende la scelta “intelligen­te” nel momento in cui si da come input il famoso incipit dell’” Inferno”. Gpt- 3 infatti continua pedissequa­mente il testo dantesco. Entropia totale. Che può essere letta come una resa, o forse come una dichiarazi­one di impossibil­ità nel confrontar­si con un monumento di tal valore. Ma lo ha pensato? Evidenteme­nte no! Ma quanto è umana ( persino fragile) questa risposta inconscia! Mentre se lo si stuzzica sulla propria missione chiedendog­li di proseguire un’abbozzata definizion­e di sé, la risposta è ancora una volta sorprenden­te: un breve saggio, frutto evidenteme­nte di diversi discorsi sulla Ia, in cui si leggono in controluce le referenze scientific­he. A metà strada tra la confession­e e il diario, ma con i modi del saggio scientific­o. Un po’ come il Golem di Lem, Gpt- 3 non è umano, ma scandaglia la nostra umana indole di avventurar­ci nel possibile numerico e statistico e di avvalerci dell’archivio combinator­io.

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