Enel, in ritardo le autorizzazioni per convertire le centrali a carbone
Ferme le autorizzazioni per costruire gli impianti a gas per le sostituzioni Tamburi ( Enel): « Senza l’ok salteranno i contratti per gli investimenti »
Il nuovo governo ha annunciato la volontà di accelerare la transizione ecologica, ma intanto l’obiettivo di chiudere le centrali elettriche a carbone entro il 2025, previsto dal Piano nazionale per l’energia e clima ( Pniec), rischia di saltare. Gli impianti che generano energia elettrica con il carbone in Italia sono 8, incluse le centrali di Fiume Santo e Sulcis in Sardegna. Enel già da un paio di anni sta lavorando al progetto di chiusura dei propri impianti: progressivamente entro il 2023per Fusina ( Venezia) e La Spezia, entro il 2025 per Civitavecchia e Brindisi. La scadenza del 2025 è prevista anche per la Sardegna, dove gestisce la centrale Sulcis, nonostante l’isola rappresenti un caso a parte perché l'elettrificazione dovrebbe passare dal collegamento col cavo sottomarino che sta realizzando Terna. Per staccare dalla rete le centrali, Enel ha previsto di costruire – assieme a rinnovabili e batterie - impianti a gas, da tenere in vita per un tempo limitato fino a quando nel paese non ci sarà un'adeguata diffusione di fonti fotovoltaiche ed eoliche. Il processo autorizzativo ( commissione Via ma non solo) sta però segnando il passo . Un ritardo che tiene al palo anche la realizzazione dei nuovi impianti a gas, soprattutto a Fusina ( Venezia) e a La Spezia. Non solo. Per l'impianto ligure la situazione si è ancora più complicata, perché il ministero dello Sviluppo economico, su parere di Terna, ha negato l’autorizzazione a dismettere la centrale già a partire dal primo gennaio 2021. L’aspetto che aggrava ancora di più la situazione è il fatto che nel frattempo Enel ha partecipato alle aste indette da Terna per il capacity market: si è aggiudicata la possibilità di fornire energia elettrica, prodotta con gli impianti a gas ancora da costruire, a partire dal 2023. Il suo impegno le consente di ottenere un rendimento minimo garantito per permettere la costruzione delle nuove centrali a gas, che altrimenti per le ore di lavoro atteso non sarebbero economicamente sostenibili. Terna ha ammesso la partecipazione alle gare perché l'iter autorizzativo per la costruzione degli impianti era in corso e l’ok era atteso a fine dicembre 2020. Ovviamente non è arrivato e la scadenza è stata prorogata a fine giugno 2021. « Temiamo che anche per quella data non si farà in tempo – spiega Carlo Tamburi, direttore Italia del gruppo Enel – Se non ci sarà l’autorizzazione, Terna potrebbe rescindere il contratto per il capacity market » . E quindi chiudere le centrali a carbone entro il 2025 sarebbe impossibile. « L'alternativa dovrebbe essere realizzare impianti fotovoltaici e eolici, in aggiunta rilevante rispetto a quelli già oggi previsti , in modo tale da compensare la riduzione di capacità derivante dalla dimissione delle centrali a carbone – chiosa Tamburi –. Ma mi pare evidente che l’obiettivo sia impossibile: anche lì i processi autorizzativi bloccano gli investitori e le aste vanno deserte » . Per Fusina e La Spezia si potrebbe riprovare a partecipare alle aste del capacity market per il 2024; questo vuol dire chiudere le centrali almeno un anno dopo rispetto ai target. « Non si sa quando verranno fatte le aste per il 2024 – osserva il manager –. Si pensava quest’anno, però con le incertezze sui processi autorizzativi degli impianti la possibilità che slittino al prossimo anno non è remota » . La prospettiva che siano realizzati impianti a gas per accelerare la transizione energetica non è ben vista da una parte del mondo politico e dagli ambientalisti, che temono anche aggravi per la bolletta. « Enel è una supermajor mondiale delle rinnovabili – dice Tamburi –. Per noi il gas è una soluzione complementare allo sviluppo delle fonti di energia verde, prevista dal Pniec. Poiché nel nostro paese lo sviluppo è molto lento, se non si usa il gas bisognerà accettare il fatto che le centrali a carbone le dovremo tenere in funzione ancora per un po' » . Per il ministro della Transizione ecologica c’è poi un altro tema. « Il diniego alla dismissione della centrale di La Spezia è legato al fatto che si chiede in cambio della chiusura una capacità netta di 500 megawatt in più nell’area nord del paese – dice -. Il punto è che a fine anno scadrà l'autorizzazione integrata ambientale ( Aia) che consente all'impianto di La Spezia di funzionare. E siccome non riusciremo a realizzare questa capacità a gas entro quest'anno, qualcuno dovrà dirimere la controversia tra il ministero dello Sviluppo economico, che dice non si può chiudere, e il ministero dell'Ambiente, per il quale l'Aia è scaduta. Da questo punto di vista il nuovo ministero della Transizione ecologica aiuterà perché ci sarà un unico interlocutore »