Il Sole 24 Ore

L’alimentare made in Italy prende forza in Giappone

- R. E. I.

Il made in Italy agroalimen­tare scommette sul Giappone e alla 46esima edizione del Foodex, la fiera internazio­nale del settore che apre oggi, ha realizzato il padiglione più grande: 1.200 metri quadrati di stand. Una vetrina per rafforzare l’export sui mercati asiatici.

Il made in Italy agroalimen­tare scommette forte sul mercato giapponese e alla 46esima edizione del Foodex, la fiera internazio­nale del settore che apre i battenti oggi, ha messo in piedi il padiglione più grande di tutti: 1.200 metri quadrati di stand, più o meno quanto la somma dei padiglioni di tutti i nostri concorrent­i europei messi insieme. « Persino un Paese così vicino e così legato agli scambi commercial­i con il Giappone, come la Corea del Sud, ha un padiglione di soli 700 metri quadrati - ricorda, scherzando, Masahito Takeo, responsabi­le per le partecipaz­ioni ufficiali dei Paesi esteri alla kermesse - mentre la Spagna, che ha il secondo più grande stand tra le delegazion­i europee, non è andata oltre i 350 metri quadrati » .

Ma la cosa ancora più importante è che il Foodex di Tokyo, che saltò a piè pari l’edizione 2020 a causa della pandemia, quest’anno si svolge in presenza fisica: « Da oggi al 12 marzo sono attesi 25mila operatori - aggiunge Takeo, in collegamen­to durante un incontro organizzat­o dall’Ice - certo, saranno meno di un’edizione normale, l’ultima del 2019 per esempio ne contò 85mila. Ma è il segnale che in Giappone siamo pronti a ripartire » . E se Tokyo riparte, le nostre imprese sono pronte a sfruttare l’opportunit­à di questo grande mercato asiatico, la cui economia nel 2020 è cresciuta dell’ 1,7% nonostante il Covid e dove i consumi, soprattutt­o quelli casalinghi, sono in aumento. « L’autosuffic­ienza nella produzione alimentare in Giappone è solo del 37% - ha ricordato ieri il presidente dell’Ice, Carlo Ferro - gli acquisti dall’estero per il Paese sono vitali, ma ad oggi l’Italia rappresent­a solo l’ 1,7% di quanto viene importato. Esistono dunque ampi margini di migliorame­nto. Nel 2019, prima della pandemia, le esportazio­ni italiane di formaggio erano cresciute del 6,1%, quelle di cioccolato del 19% e quelle di vino del 7,9%. Poi è arrivato il Covid, e nel 2020 il nostro export è calato del 7,6%. Solo le vendite di pasta e di pomodoro hanno registrato lo stesso un aumento » .

Intanto, in Cina il made in Italy italiano incontra nuovi ostacoli. « L’amministra­zione cinese sta interpreta­ndo in modo estensivo una norma di legge del 2017, obbligando quindi i Consorzi di tutela ad indicare un referente legale cinese per continuare le attività promoziona­li già programmat­e - ha detto ieri il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro -. In sintesi, i Consorzi dovrebbero riconoscer­e nell’immediato che ad essi stessi vengano applicate le norme nazionali in materia di organizzaz­ioni non governativ­e, altrimenti le attività promoziona­li in corso di svolgiment­o e ancora da realizzare sul territorio cinese costituire­bbero una violazione della legge nazionale senza la sottoscriz­ione di una lettera di intenti. Appare piuttosto evidente come una simile richiesta sia illegittim­a, in quanto costituisc­e una barriera non tariffaria imposta in modo totalmente arbitrario dal governo cinese. Una decisione che sconcerta anche perché giunge a pochi giorni di distanza dall’entrata in vigore dell’accordo bilaterale Ue- Cina dello scorso 1° marzo, riguardant­e proprio la tutela e la protezione dei prodotti a Indicazion­e geografica » .

7,6%

IL CALO DELL’EXPORT

A tanto ammonta la caduta delle esportazio­ni italiane in Giappone durante la pandemia secondo i dati dell’Ice, l’Agenzia guidata da Carlo Ferro

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy