Deliveroo in Borsa ad aprile: matricola tech da 9 miliardi
La App dei rider di cibo sbarcherà in Borsa ad aprile: valore 9 miliardi di euro Boom di ricavi (+ 54%) grazie alla pandemia, ma i conti sono in rosso ( 220 milioni)
Nella Londra deserta e spettrale della quarantena che dura da due mesi, all’incrocio di Trebovir Road, nel quartiere di Kensington, tutti i giorni e a tutte le ore c'è una piccola folla di persone in sella a bici e scooter parcheggiati. Hanno in spalla uno zaino turchese: è il borsone termico di Deliveroo. In quell’incrocio pullulano pub, ristoranti e fast- food. Tutti aspettano un ordine on- line da consegnare. I rider sono i nuovi padroni delle città desertificate da chiusure e lavoro da remoto; e Deliveroo è il vincitore del mondo post- Covid.
La App che consegna il cibo a casa è stata miracolata dal Covid: con la gente chiusa in casa, milioni di persone a Londra si sono fatte portare pranzo e cena dai ristoranti preferiti. L’anno scorso, 6 milioni di persone al mese hanno cliccato sulla App per ordinare da mangiare almeno una volta. Sulla scia del boom da pandemia, ora Deliveroo gioca la carta della Borsa: ai primi di aprile sbarcherà sul London Stock Exchange, accompagnata da Goldman Sachs e Jp Morgan. Deliveroo punta a una capitalizzazione di Borsa di 7 miliardi di sterline, pari a 10 miliardi di dollari a quasi 9 miliardi di euro: è la più grande matricola in Europa, nel mezzo di una pandemia, e in generale degli ultimi anni.
Esultano a Paternoster Square: Deliveroo, dove due anni fa il colosso Amazon è entrato con il 16%, è la prima e più grande quotazione per la City dopo la Brexit e la più grande società tech. Londra, penalizzata dagli investitori mondiali per essere un listino con poca tecnologia rispetto agli Stati Uniti dove pesano compagnie petrolifere ( BP, Shell) e banche ( HSBC, Barclays), si ribilancia su settori ad alta crescita.
Grazie alla App, Londra si riprende lo scettro della finanza, scippatole da Amsterdam. A gennaio, dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, Londra ha perso il primato delle transazioni giornaliere ( scese sotto i 9 miliardi di euro di controvalore) a favore della piazza olandese. E proprio Amsterdam era uno dei listini alternativi, assieme a New York, per il debutto di Deliveroo.
Alla fine la start- up inglese ha scelto la borsa di casa sua e da lì partirà la battaglia per la guerra delle App di consegne: la rivale americana DoorDash capitalizza al Nasdaq la stratosferica somma di 60 miliardi di dollari, mentre l’altra concorrente, la danese JustEat, anch’essa quotata sul FTSE100 di Londra, vale 10 miliardi di sterline. Nel mercato domestico Deliveroo non ha rivali: l’anno scorso ha visto balzare i ricavi del 54% e ha rubato quote di mercato a JustEat. I ricavi lordi, che includono il prezzo del cibo, nel 2020 sono stati di oltre 4 miliardi di sterline, ma quelli effettivi di 1,2 miliardi.
È impressionante lo “spread” tra ricavi e commissioni: il 25% del prezzo pagato dai clienti finisce in costi di consegna, che sono gli unici introiti. Nonostante un grosso margine, Deliveroo rimane ancora una start- up: il bilancio ha un buco di 220 milioni. Ma i ristoranti, travolti dalla pandemia, benedicono la App: 115mila locali hanno venduto i loro piatti grazie a Deliveroo. Senza, avrebbero probabilmente chiuso. La quotazione prevede due categorie di azioni, una ordinaria e una speciale: quelle speciali, 20 diritti di voto per ogni azione, consentiranno a Will Hu, il fondatore , di collocare un pacchetto consistente sul mercato senza perdere il controllo. Grazie al maggior flottante messo in vendita, Deliveroo pagherà bonus fino a 10mila sterline per alcuni rider. La struttura azionaria è merito del ministro del Tesoro Rishi Sunak: Uk ha varato norme per rendere più appetibili le Ipo di Borsa ( si veda altro pezzo in pagina). L’euforia tecnologica contagia Londra, ma tra gli investitori c’è anche qualche scettico: a un business vecchio come il mondo, quello dei fattorini, viene applicata la targa “tech”, il fattorino si chiama con una App e magicamente Deliveroo vale sei volte i ricavi effettivi. Al mercato l’ardua sentenza.