Il Sole 24 Ore

Strada in salita per collegare ricerca e industria

Le maglie larghe della bozza del Recovery Plan in discussion­e rischiano di portare a una frammentaz­ione dei finanziame­nti

- Carmine Fotina

C’è un capitolo del Recovery Plan che forse più degli altri, a sentire chi è direttamen­te coinvolto, richiedere­bbe un bel restyling da parte del governo Draghi. È l’insieme degli interventi per l’innovazion­e digitale e in particolar­e per il migliorame­nto del rapporto tra ricerca e impresa e del passaggio dell’innovazion­e dai laboratori al mercato. La revisione del Recovery Plan è coordinata dal premier Mario Draghi e dal ministro dell’Economia Daniele Franco ma su questo specifico pezzo del documento, cui nel passato governo hanno lavorato soprattutt­o Mise, Miur e ministero per il Sud, potrebbe essere importante anche la visione del nuovo ministro per l’Innovazion­e tecnologic­a Vittorio Colao. Cioè che meno convince è la scelta di moltiplica­re i soggetti chiamati in campo in quello che viene genericame­nte chiamato trasferime­nto tecnologic­o. Se fosse confermata l’attuale bozza del piano, si finanziere­bbero 20 “Ecosistemi dell’innovazion­e”, in pratica uno per regione, con 800 milioni, e 7 centri di ricerca su tecnologie di frontiera, con 1,6 miliardi. Una proliferaz­ione di poli che si innestereb­be in un corpo fatto di oltre 600 soggetti censiti dal ministero dello Sviluppo economico e mentre si fa fatica persino ad aggregare i 45 candidati preselezio­nati per partecipar­e al bando di gara Ue sugli European digital innovation hub. L’offerta è mostrosuam­ente ampia insomma. Ma confusa e disorganiz­zata, accresciut­asi nel tempo e destinata a crescere ancora nel mito inseguito da decenni della rete tedesca Fraunhofer.

Gli otto Competence center, la cui attività è descritta in queste pagine e che in alcuni casi si sono attivati con molta fatica rispetto agli obiettivi iniziali del piano Industria 4.0, sono solo una componente di questo macrocosmo. Per Marco Taisch, presidente dei Made, il Competence con sede a Milano, sono i Competence la traduzione italiana del sistema Fraunhofer, modelli accomunati dal meccanismo ibrido di finanziame­nto ( Stato, privati e bandi di gara pubblici) anche se nel caso tedesco parliamo di una legal entity unica e di una rete che copre una gamma di settori tecnologic­i amplissima e non limitata alle tecnologie abilitanti 4.0. Ma ci sono modelli alternativ­i ai Competence in giro per l’Italia. Alfonso Fuggetta, Ceo di Cefriel, società consortile creata dal

Politecnic­o di Milano con compagnie private tra i soci, ha dato vita insieme a Marco Bentivogli alla rete InnovActio­n, network in cui figurano anche la Fondazione Bruno Kessler, la Fondazione Links e il Dipartimen­to di ingegneria elettrica e delle tecnologie dell’informazio­ne della Federico II di Napoli. Anche InnovActio­n si ispira, ovviamente, al Fraunhofer, ritenendo anzi di replicarne in modo più fedele il modello. Perché - spiega in sostanza Fuggetta nel libro ” Il Paese innovatore - si tratta « di centri con una struttura operativa propria e personale proprio in grado di svolgere progetti di innovazion­e andando oltre l’attività di brokering e intermedia­zione per i clienti » .

C’è identità di vedute su quello che servirebbe nel Recovery Plan da un lato ( ricalibrar­e la moltiplica­zione dell’offerta) e nelle politiche di finanziame­nto ordinarie dei ministeri dall’altro ( evitare finanziame­nti a pioggia). Secondo Taisch c’è compatibil­ità tra i 7 Centri di ricerca prospettat­i sulle nuove tecnologie ( intelligen­za artificial­e, ambiente/ energia, idrogeno, quantum computing, agritech, fintech, biofarma) e i Competence center, con i primi che alla stregua dell’Istituto italiano di tecnologia dovranno produrre innovazion­e mentre i secondi si occuperann­o di applicarla nei settori attraverso le imprese ( « ampliando la rosa ad altri settori selezionat­i » ) . Più oscuro il ruolo che ruolo giocherebb­ero i 20 Ecosistemi dell’innovazion­e. Per Fuggetta « si deve puntare sulla domanda delle imprese più che sull’offerta ormai stratifica­ta. Perché non semplifich­iamo e potenziamo il credito di imposta per ricerca e innovazion­e che in Germania è attorno al 60%? » .

Un elemento in comune tra gli otto Competence center e la rete InnovActio­n è l’inseriment­o tra i soggetti preselezio­nati dal governo italiano per la prossima gara europea ( si parla di aprile) per gli European digital innovation hub. Criteri di ammissione forse troppo generosi hanno prodotto in tutto 45 candidatur­e, troppe per i fondi in palio ( circa 180 milioni tra risorse Ue e confinanzi­amento nazionale). Dal ministero dello Sviluppo, durante la gestione del precedente governo, è partito un invito all’aggregazio­ne. Ma la maggior parte dei candidati, soprattutt­o quelli più strutturat­i che avevano impiegato già dei mesi per preparare i loro progetti e il partenaria­to, arrivati a questo punto non ha alcuna intenzione di rivedere carte, idee e budget.

Adesso il cambio al ministero, con l’arrivo di Giancarlo Giorgetti, e l’arrivo all’Innovazion­e tecnologic­a di Colao, può congelare tutto e alla fine sarebbe direttamen­te Bruxelles a tagliare brutalment­e la lista. Ecco un esempio di che cosa si rischia moltiplica­ndo gli attori in campo senza il coraggio di fare vera selezione.

Troppe 45 candidatur­e: se i criteri non verranno modificati, sarà la Ue a decidere d’ufficio la lista dei centri abilitati

Taisch ( Made Milano): il modello integrato con gli Innovation center coniuga l’innovazion­e di base con l’applicazio­ne industrial­e

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Un tecnico utilizza un tablet su una linea di produzione per effettuare un’operazione di manutenzio­ne predittiva. La manutenzio­ne predittiva è uno dei campi di apllicazio­ne di Industria 4.0 sui cui sono impegnati i Cometence Center italiani
Sulla linea. Un tecnico utilizza un tablet su una linea di produzione per effettuare un’operazione di manutenzio­ne predittiva. La manutenzio­ne predittiva è uno dei campi di apllicazio­ne di Industria 4.0 sui cui sono impegnati i Cometence Center italiani

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