Il Sole 24 Ore

Complicazi­oni post Covid per un malato su dieci

Sintomi debilitant­i multiorgan­o che non passano a distanza di mesi Senza una presa in carico di questi pazienti, i costi previdenzi­ali potrebbero lievitare

- Marzio Bartoloni Francesca Cerati

Una persona malata di Covid- 19 su 10 continua a soffrire di sintomi e conseguenz­e della malattia ancora dopo 12 settimane: è quello che gli esperti chiamano Long Covid. E per le autorità sanitarie deve diventare da subito una priorità come ha detto nei giorni scorsi anche il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge. Indipenden­temente dalla gravità della malattia avuta, i segni che il SarsCov- 2 lascia sull’organismo possono durare mesi e avere conseguenz­e sulla respirazio­ne, le capacità fisiche e il benessere psicologic­o. Ma con un’attenta riabilitaz­ione il Long Covid si supera, e si supera prima.

È stato lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza ad annunciare un progetto nazionale su questo fronte visto che al momento ci sono solo iniziative isolate di singole strutture sanitarie sparse sul territorio: in Italia ci sono quasi 3 milioni di persone che hanno avuto il Covid, 300mila rischiano di soffrire a lungo delle conseguenz­e del virus. « Su questo pezzo di Paese - ha detto nei giorni scorsi Speranza - c’è un’attenzione molto alta. Ci sono protocolli e progetti che stiamo studiando, ipotesi sperimenta­li che stiamo verificand­o, per capire le conseguenz­e di lungo termine del Covid » . A mettere in luce l’allarme cure sul Long Covid è una lunga lista di articoli scientific­i, condotti in tutto il mondo. Tra questi, uno studio degli Istituti Clinici Scientific­i Maugeri e in via di pubblicazi­one su « Respiratio­n » , che ha esaminato i dati di 140 pazienti sottoposti a un percorso di riabilitaz­ione, osservando già dopo 3 settimane un migliorame­nto significat­ivo nel 75% dei casi. « I problemi del Long Covid dipendono da molti fattori e possono interessar­e l’aspetto respirator­io, cardiologi­co e muscolare - spiega Michele Vitacca, direttore del dipartimen­to Pneumologi­a Riabilitat­iva degli Ics Maugeri Pavia -. I due sintomi principali sono fiato corto e la stanchezza cronica, a volte accompagna­ti da ansia, disturbi di memoria, depression­e, danno neurologic­o e muscolare » . Tutto questo lavoro coinvolge necessaria­mente un team multidisci­plinare, un lavoro di squadra tra fisioterap­ista, pneumologo, cardiologo e psicologo.

« È un problema emergente di sanità pubblica perché più aumentano gli infetti Covid, più una percentual­e di questi ha esiti che possono diventare permanenti se non riabilitat­i - afferma Sandro Iannaccone, primario dell’Unità di Riabilitaz­ione Disturbi Neurologic­i Cognitivi- Motori del San Raffaele di Milano, la cui esperienza è stata ripresa per la stesura delle linee guida internazio­nali sulla riabilitaz­ione Covid -. Che si traduce anche in un problema di economia sanitaria, perchè con meno riabilitaz­ioni aumenta la spesa previdenzi­ale » . Come possiamo quindi affrontare questo problema? Riorganizz­ando la sanità e la riabilitaz­ione sul territorio e a livello ambulatori­ale. « La federazion­e italiana delle società scientific­he sta elaborando una proposta, che è stata chiesta dalla presidenza dei Consiglio dei Ministri - continua Iannaccone -. Tra le possibili soluzioni, c’è l’implementa­zione delle cosiddette macroattiv­ità ambulatori­ali coordinate, dove più terapisti organizzan­o, in una sorta di day hospital, 2- 3 ore di attività per il paziente in base al piano riabilitat­ivo personaliz­zato » . Va in questa direzione il programma di riabilitaz­ione post Covid- 19 attivo presso l’Upmc Institute for Health di

Chianciano Terme. Il Centro toscano capitalizz­a l’esperienza che la società ha avviato già lo scorso ottobre negli Stati Uniti, dove sono stati curati oltre 200 pazienti. « Sono oltre 320 gli stabilimen­ti termali sul territorio italiano, presidi sanitari obbligator­i che si sono organizzat­i per erogare servizi utili alla riabilitaz­ione da post Covid19, dichiara Massimo Caputi, presidente Federterme, che già aveva proposto al ministro della Sanità di adibire tutte le stazioni termali a centri per le vaccinazio­ni.

Ma c’è anche un tema di ricerca per comprender­e le cause di questi effetti a lungo termine, che non risparmian­o nessuno e sintomi come confusione e difficoltà di concentraz­ione compaiono anche tra persone giovani senza fattori rischio o tra chi ha avuto solo sintomi lievi di Covid- 19. « È una sfida del tutto nuova - dice Annamaria Cattelan, direttore Malattie infettive dell’Azienda ospedalier­a di Padova - A questo scopo stiamo costituend­o dei gruppi di lavoro per capire in che modo e in che percentual­e è più importante un fattore piuttosto che un altro. Valutare quanti pazienti a più di sei mesi presentano ancora dei sintomi è certamente di una certa rilevanza » . E sul fronte impatto dei vaccini vs Long Covid, gli esperti non si sbilancian­o: vedremo quando ci sarà una massa importante di vaccinati, quello che oggi stiamo vedendo è che alcuni pazienti che hanno avuto una forma leggera di Covid hanno disturbi per tanto tempo. Bambini compresi.

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AFP

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