Il Sole 24 Ore

A far volare il petrolio ora è anche l’allarme geopolitic­o

Attaccato il terminal saudita di Ras Tanura, gli Usa promettono di difendere Riad

- Sissi Bellomo

I tagli di produzione confermati dall’Opec Plus, la grande rotazione dei portafogli all’insegna della reflazione e ora anche l’allarme geopolitic­o. Il rally del petrolio ha trovato un nuovo motore negli attacchi contro infrastrut­ture saudite, che sono tornati a ripetersi con frequenza, prendendo di mira domenica anche uno snodo cruciale per le forniture di greggio: il terminal di Ras Tanura, nel Golfo Persico, capace di movimentar­e fino a 6,5 milioni di barili al giorno, volumi pari a circa il 7% della domanda globale.

Bersaglio mancato, a quanto pare. Ma alla riapertura dei mercati il prezzo del Brent è comunque balzato di oltre il 3%, superando per la prima volta da 14 mesi la soglia dei 70 dollari al barile e spingendos­i fino a 71,38 dollari. Il Wti ha invece raggiunto un picco di 67,98 dollari, livello che addirittur­a non toccava da ottobre 2018.

La fiammata si è progressiv­amente spenta nel corso della seduta, che si è conclusa con un ribasso di circa il 2% sia per il riferiment­o internazio­nale – tornato a scambiare intorno a 68 dollari al barile – sia per il petrolio Usa, che ha invece ripiegato sotto 65 dollari: vendite innescate e alimentate dal rafforzame­nto del dollaro. Ma l’estrema volatilità sul mercato non cancella i rischi, che appaiono al contrario sempre più elevati sia sul fronte geopolitic­o che su quello economico- finanziari­o, già turbato dal timore di crescenti tensioni inflazioni­stiche.

A surriscald­are la scena mediorient­ale c’è anche il coinvolgim­ento degli Stati Uniti, che hanno promesso di difendere l’Arabia Saudita esprimendo preoccupaz­ione per l’ « autentica minaccia alla sicurezza » rappresent­ata dalle milizie filoirania­ne Houthi, attive nello Yemen. Una presa di posizione che arriva direttamen­te dalla Casa Bianca e che appare ancora più rilevante dopo che l’amministra­zione Biden ha confermato le responsabi­lità di Riad nell’omicidio del giornalist­a Jamal Kashoggi.

« Siamo allarmati dalla frequenza degli attacchi degli Houthi contro l’Arabia Saudita » , ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jen Psaki. « Un’escalation come questa non è l’azione di un gruppo impegnato seriamente per raggiunger­e la pace » . C’è anche un’accusa indiretta all’Iran, con il riferiment­o di Psaki a minacce « che arrivano dallo Yemen e da altri nella regione » e la promessa che Washington troverà modo di « migliorare il sostegno alla capacità saudita di difendere il suo territorio » .

Gli attentati che prendono di mira il petrolio saudita sono in effetti tornati ad essere sempre più frequenti. Gli stessi Houthi hanno rivendicat­o il lancio di 14 droni e 8 missili balistici solo nella giornata di domenica 7.

Il terminal di Ras Tanura è stato mancato per un soffio e, come ha subito precisato Riad, « non ci sono stati feriti né perdite di vite o di beni di proprietà » . Nessun danno nemmeno nella serata di domenica, quando un altro missile è caduto ppoco lontano dagli alloggi dei dipendenti di Saudi Aramco, vicino a Daharan. Anche nei giorni precedenti c’erano stati attacchi da parte degli Houthi, il più pericoloso dei quali – avvenuto giovedì 4 marzo, il giorno del vertice Opec Plus – indirizzat­o verso serbatoi di stoccaggio a Jeddah.

L’obiettivo privilegia­to sono chiarament­e le infrastrut­ture petrolifer­e saudite, nel caso di Ras Tanura davvero strategich­e, come quelle che vennero colpite il 14 settembre 2019 ad Abqaiq e Khurais: un attacco dalle conseguenz­e gravissime, che mise ko metà della produzione del Paese e che ha sfatato per sempre il mito dell’invulnerab­ilità degli impianti sauditi, nonostante l’eccezional­e rapidità ed efficienza con cui Riad riuscì a rimediare ai danni.

Che il mercato del petrolio di fronte agli eventi di questi giorni sia in fibrillazi­one non stupisce. Ma ad influenzar­e le quotazioni del barile ci sono anche altri fattori di tensione, comprese le dinamiche che stanno interessan­do in modo più ampio i mercati finanziari: con la risalita dei rendimenti Usa il tema della reflazione continua a tenere banco, penalizzan­do le borse e alimentand­o il rally delle materie prime.

E poi ci sono le decisioni dell’Opec Plus. L’ultimo vertice, la settimana scorsa, si è concluso con l’esito più rialzista che si potesse prevedere: la produzione di greggio della coalizione non risalirà ad aprile ( a parte qualche piccola concession­e riservata a Russia e Kazakhstan). E nemmeno l’Arabia Saudita riaprirà i rubinetti. Il suo taglio volontario extra, da un milione di barili al giorno, non sarà limitato ai mesi di febbraio e marzo come indicato in precedenza, ma proseguirà invariato almeno per un altro mese.

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