Il Sole 24 Ore

Il tasso di occupazion­e femminile torna al livello del 2017

Nidi, obiettivo europeo copertura del 33% di posti Italia ferma al 23%

- Giorgio Pogliotti Claudio Tucci

La fotografia più aggiornata sull’occupazion­e femminile in Italia la fornisce l’Istat: su 444mila posti di lavoro andati in fumo nel 2020, ben 312mila sono relativi a donne. Nel solo mese di dicembre, rispetto a novembre, su 101mila occupati in meno, 99mila sono donne. Il tasso di occupazion­e femminile, a dicembre 2020 è sceso al 48,6%, precipitan­do così alle ultime posizioni a livello europeo; siamo tornati indietro ai valori di marzo 2017, e distanti ben 18,9 punti, in meno, ovviamente, rispetto al tasso di occupazion­e maschile, stabile al 67,5%.

Il Covid, ma anche una scuola e una legislazio­ne debolissim­a sul fronte conciliazi­one vita- lavoro, hanno lasciato il segno: nell’ultimo anno la crisi è stata pagata soprattutt­o da donne, giovani e precarie. Anche perché molte donne sono tradiziona­lmente impiegate nel terziario, ovvero nei servizi alla famiglia, nell’alberghier­o, nella ristorazio­ne che più hanno risentito delle chiusure per l’emergenza Covid. Su una forza lavoro di 25 milioni di unità ( inclusi i 2,2 milioni di disoccupat­i), molto meno della metà sono donne: 10,5 milioni ( di cui oltre 1 milione senza un impiego). Per trovare un valore più elevato bisogna tornare indietro ad aprile 2012, a testimonia­nza di una bassa partecipaz­ione femminile al mercato del lavoro. Il tasso di disoccupaz­ione femminile, sempre a dicembre, è salito al 10% ( contro l’ 8,3% degli uomini), e quello di inattività è al 45,9%, in crescita negli ultimi mesi ( contro il 26,3% degli uomini).

Nel confronto internazio­nale le cose vanno sempre peggio: tra aprile e settembre 2020 l’Italia ha perso 402mila occupate rispetto all’anno precedente, una perdita doppia a quella europea. Per le lavoratric­i tra 15 e 64 anni se in Europa in media c’è stata una riduzione del 2,1%, in Italia il calo è stato del 4,1%, evidenzia un report della Fondazione consulenti del lavoro, sottolinea­ndo che il differenzi­ale di genere si è ampliato a causa della crisi, con un gap di ben 1,7 punti percentual­i tra uomini e donne da noi, mentre in Europa mediamente si registra la stessa contrazion­e occupazion­ale.

Le donne italiane pagano per la mancanza di servizi che possano alleggerir­e il carico di cura della famiglia che ancora grava in prevalenza su di loro. L’obiettivo europeo al 2010 era di avere per i bambini della fascia 0- 3 anni una copertura del 33% di posti al nido, ma al 2020 l’Italia è ferma al 23%, al Sud si supera di poco il 10%. Il Pnrr conta, attraverso i 3,6 miliardi del Recovery Fund destinati al Piano asili nido e servizi per l’infanzia di raggiunger­e un’offerta media nazionale pari al 83% del fabbisogno, con la creazione di circa 622.500 nuovi posti entro il 2026, invertendo la posizione dell’Italia da paese sotto la media a paese sopra la media europea. C’è un ritardo nell’orientamen­to scolastico da colmare, già dalle medie, verso l’istruzione tecnica e le discipline Stem, indirizzi dove le donne sono ancora troppo poche, ma sono i più richiesti dalle imprese ( e quindi garantisco­no una occupazion­e).

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ANSA
Donne e lavoro. La festa dell’ 8 marzo ieri a Potenza ANSA

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