Il governo rassicura: ora meno Dpcm
Domani il warning del Comitato legislativo anche sul Recovery
« Il nostro impegno sarà verso un’interlocuzione costante con il Parlamento e anche quello di riportare a normalità, laddove non vi fosse, il procedimento legislativo » . In Aula alla Camera si sta votando la conversione dell’ennesimo decreto emergenza, ultimo dei decreti emergenza che assorbono i Dpcm del governo Conte 2 ereditati dal governo Draghi. Ed è la risposta della sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Deborah Bergamini, di Forza Italia, a far capire che è volontà del nuovo governo marcare una discontinuità nei rapporti con il Parlamento nelle gestione dell’emergenza. Su due fronti: stop ai decreticanguro, ossia decreti che assorbono altri decreti che creano un problema di comprensione ai cittadini e agli stessi operatori del diritto, e superamento dello strumento dei Dcpm con decreti legge ove possibile. Prima che arrivasse la rassicurazione di Bergamini era stato il democratico Stefano Ceccanti a porre la questione, anche come presidente del comitato legislativo della Camera che la scorsa settimana ha approvato all’unanimità un parere in tal senso. Parere che a Palazzo Chigi hanno preso molto seriamente, pur nella consapevolezza che lo strumento del Dpcm non potrà essere superato del tutto proprio per le sue caratteristica di flessibilità e di tempestività nell’affrontare l’emergenza, anche nelle sue diversificazioni territoriali, rispetto al decreto legge.
La soluzione per il futuro, suggerita in queste ore dallo stesso comitato legislativo in un ordine del giorno che verrà votato oggi dall’Aula, può essere mediana: asciugare il Dpcm di tutto quanto attiene alle libertà fondamentali ( libertà di movimento, di culto, di riunione e manifestazione), che andrebbe in decreto, lasciando ad atti non legislativo l’individuazione in concreto delle zone e del dettaglio delle misure. Il comitato legislativo si prepara a lanciare un altro warning, sul fronte delle riforme di attuazione del Recovery plan, con un parere che verrà votato anch’esso all’unanimità domani come anticipato dal Sole 24 Ore il 6 marzo: preferire lo strumento delle leggi delega a quello della decretazione d’urgenza. E questa volta il warning arriva preventivamente: il tema dello strumento legislativo per l’attuazione del Pnrr non è ancora stato affrontato da Palazzo Chigi e Mef.