Milano, nuovo inceneritore in arrivo
Cap ( acqua potabile) ha rilevato il 79,2% di Core, investimenti per 47 milioni
Mentre molti progetti innovativi faticano a trovare consenso e autorizzazioni, decolla nel Milanese il progetto che incrocia diverse tecnologie in modo che ciascuna migliori l’altra.
Ecco che cosa è appena stato autorizzato a Sesto San Giovanni. Il Cap, l’azienda dell’acqua potabile della provincia di Milano, a fine mese chiuderà con una cerimonia di sollievo collettivo il vecchio e spompato inceneritore di rifiuti e al suo posto fra due anni, nel marzo 2023, il nuovo impianto brucerà i fanghi del depuratore adiacente e il calore prodotto andrà a riscaldare le case della città facendo spegnere centinaia di caldaie fumose; dai fanghi bruciati estrarrà il fosforo per produrre fertilizzanti Npk, mentre un impianto a fianco farà fermentare i rifiuti organici per produrre metano da immettere nelle tubazioni del gas della città. Zero anidride carbonica da fonti fossili.
Il progetto costa 47 milioni ed è stato denominato con la parola evocativa di “biopiattaforma” per non suscitare i comitati del no- atutto, ma i cittadini sono stati coinvolti e hanno contribuito alla progettazione degli impianti in « un percorso partecipativo intrapreso due anni fa » , ha commentato il presidente e amministratore delegato del gruppo Cap, Alessandro Russo.
Il Cap ha acquistato dai Comuni di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Cinisello Balsamo, Cormano, Pioltello e Segrate il 79,2% del capitale sociale di Core, il consorzio che gestisce gli impianti da ricostruire e integrare fra loro. A fianco sarà allestito un centro ricerche che sarà finanziato con 2,5 milioni di euro grazie a un contributo europeo Horizon 2020.
Nell’impianto verranno bruciate 65mila tonnellate di fanghi che i 40 depuratori della provincia estraggono dagli scarichi per rendere puliti i corsi d’acqua. Oggi quei fanghi vengono sparsi sui campi come fertilizzante di ricupero oppure vengono bruciati in inceneritori all’estero. Come combustibile, invece, produrranno energia pari a 11,1 milioni di chilowattora l’anno sotto forma di calore per il teleriscaldamento; il 25% diventerà fertilizzante a base di fosfati.
La linea di gestione della frazione organica dei rifiuti urbani (“l’umido” nel gergo comune), tratterà 30mila tonnellate l’anno di rifiuti umidi per produrre biometano.
Al progetto ha partecipato anche la Novamont, cui Cap da anni fornisce le materie prime per il butandiolo della cellulosa, composto alla base della produzione di plastiche biodegradabili come il Mater Bi.