Decolla la riforma Sfdr, la rivoluzione europea del risparmio sostenibile
Partirà lentamente. Senza clamori. Ma da domani inizia una rivoluzione che porterà i gestori di risparmi, ma anche gli stessi risparmiatori, a dare un peso rilevante alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance nelle loro scelte. Entra infatti in vigore dal 10 marzo il Regolamento europeo Sfdr: cioè la normativa che stabilisce regole armonizzate nel Vecchio continente sulla rendicontazione dei cosiddetti « rischi di sostenibilità » nei portafogli dei gestori. Una normativa che riguarda gli enti creditizi, le assicurazioni, le società di gestione e le imprese di investimento che svolgono il servizio di consulenza, oltre ai soggetti che svolgono attività di gestione di patrimoni sia collettiva che individuale. E in futuro, quando verranno adeguati anche i questionari Mifid e i risparmiatori dovranno indicare quale rischio di sostenibiltà sono disposti a tollerare, renderà i piccoli investitori retail ancora più determinanti nelle scelte dei gestori.
L’obiettivo è ovvio: orientare sempre più i capitali finanziari verso investimenti sostenibili, spingere gli investitori a valutare le conseguenze di lungo periodo dei loro comportamenti, ma anche fare in modo che i gestori di patrimoni misurino e maneggino con cura i rischi nei loro portafogli derivanti dai cambiamenti climatici. « Questa normativa aumenterà il flusso di capitali verso il mondo Esg » , commenta infatti Antonio Cesarano di Intermonte. Da domani il Regolamento Sfdr parte in realtà con due sole novità immediate. Da un lato le società di gestione e le assicurazioni dovranno pubblicare sul sito Internet la propria policy in tema di sostenibilità. Cosa che in realtà hanno già iniziato a fare. Dall’altro andranno adeguati i prospetti informativi in conformità a quanto previsto dal Regolamento Sfdr. E qui sarà più complicato.
Ma il salto vero è atteso a partire dal primo gennaio 2022, quando i gestori dovranno prepararsi a valutare il « rischio sostenibilità » dei propri portafogli in base a vari parametri stabiliti da Esma, Eba ed Eiopa ( se la Commissione Ue li validerà entro maggio). I primi indicatori riguarderanno i cambiamenti climatici: per ogni singolo Stato o azienda le cui azioni o bond sono inserite nel portafoglio, andranno valutate le emissioni di gas serra, il consumo di acqua, la tutela della biodiversità e la gestione dei rifiuti tossici. Stesso discorso per gli indicatori sociali: rispetto dei diritti umani, di quelli dei lavoratori o delle donne. I gestori dovranno così misurare il « rischio di sostenibilità » dell’intero portafoglio. « I dati saranno raccolti dal 2022, ma diventerà obbligatorio renderli noti dal giugno 2023 - spiega Rodolfo Fracassi, ad di Main Street Partners -. Alla fine ogni gestore dovrà calcolare, per fare un esempio, quanta CO2 produce il suo portafoglio rispetto ai benchmark » . E tutto sarà trasparente.
Il balzo ulteriore arriverà quando sarà aggiornata anche la direttiva Mifid e il questionario che ogni risparmiatore deve compilare vedrà aggiunte domande relative alla sua propensione al rischio di sostenibilità. Questo significa che a chi vuole un basso rischio nei suoi investimenti, potrebbe non essere più possibile vendere prodotti che hanno al loro interno società o emittenti di bond che non rispettano i parametri di sostenibilità. A quel punto la rivoluzione arriverà davvero anche dal basso.