Il Sole 24 Ore

DECISIVO RIDURRE IL PRELIEVO SUI CETI MEDI

- di Gianni Pittella Capogruppo Pd commission­e Finanze

Le commission­i Finanze e Tesoro del Senato e Finanze della Camera, presiedute dai colleghi Dalfonso e Marattin, hanno avviato, a gennaio di quest’anno, un’indagine conoscitiv­a sulla riforma dell’Irpef anche in vista del confronto tra le forze politiche e con il governo.

Il presidente del Consiglio Draghi ha preannunci­ato una riforma complessiv­a e a vasto raggio, secondo il principio costituzio­nale della progressiv­ità dell’ordinament­o tributario.

Le commission­i congiunte si confrontan­o con una serie di questioni che sono logicament­e legate a scelte preliminar­i, partendo dalla comune convinzion­e che le disarmonie del sistema vanno decisament­e superate.

In prima battuta, occorre rispondere alla domanda di carattere “filosofico”: il reperiment­o delle risorse finanziari­e da parte del fisco serve prevalente­mente a redistribu­ire la ricchezza prodotta oppure deve orientare i propri strumenti alla crescita economica? La questione è certamente mal posta in termini di esclusivit­à reciproca: un’economia caratteriz­zata da indici di disuguagli­anza molto forti non cresce; un’economia frenata da un prelievo fiscale eccessivo non ha nulla da redistribu­ire. E ancora, un fisco solo orientato alla crescita rischia di penalizzar­ne il carattere equitativo e di salvaguard­ia dell’eguaglianz­a dei punti di partenza, così come un prelievo iniquo, accentuata­mente punitivo verso i settori più dinamici dell’economia o scoraggian­te rispetto agli investimen­ti, relega il Paese alla subalterni­tà nei mercati. I fattori produttivi, in prima istanza il lavoro e il capitale reinvestit­o, debbono essere considerat­i non tanto come cespiti erariali, ma come elementi sostanzial­i dell’economia reale. Quindi la equa ripartizio­ne del carico fiscale sui redditi, sui consumi, e sui patrimoni trasmessi, apre la strada a un prelievo sostenibil­e e più ridotto dei fattori produttivi rispetto agli attuali assetti. Non può non segnalarsi, a tale proposito, che la cristalliz­zazione del risparmio nel patrimonio immobiliar­e a uso residenzia­le trova un favore fiscale che mal si concilia con un tax design ottimale.

L’Irpef è l’imposta che fornisce all’erario il gettito prevalente, ma ha perso le caratteris­tiche dell’imposta personale onnicompre­nsiva delineata con la riforma del 1971. Le innumerevo­li modifiche, ne hanno snaturato il carattere, accentuand­one gli squilibri. E un’imposta inefficien­te e iniqua, poiché è assolta per più di due terzi dai percettori di reddito da lavoro dipendente e pensionati. Inoltre molte tipologie di redditi ( da capitale, immobiliar­i, da lavoro autonomo sotto la soglia di fatturato dei 65 mila euro) scontano un’imposta sostitutiv­a ad aliquota proporzion­ale, quindi fuori dalla scala delle aliquote per scaglioni e della progressiv­ità.

Si pone quindi, sempre in via preliminar­e, la questione di identifica­re la base imponibile, se cioè debba essere onnicompre­nsiva dei redditi percepiti ovvero essere differenzi­ata secondo uno schema “duale”. Conservare e rafforzare il carattere progressiv­o dell’imposta sui redditi comporta di inserire tali tipi di redditi nel reddito imponibile complessiv­o; viceversa, rendendo più lineare e razionale la tassazione “duale” di tali redditi, andrebbe

LE INNUMEREVO­LI MODIFICHE HANNO SNATURATO L’IRPEF RENDENDOLA INIQUA E INEFFICIEN­TE

prevista un’aliquota unica, uguale a quella del primo scaglione: il prelievo derivante dall’applicazio­ne dell’aliquota prevista per il primo scaglione sul lavoro corrispond­erebbe al prelievo sui redditi diversi, realizzand­o in pieno il principio della neutralità dell’imposta rispetto all’impiego del risparmio.

Sul fronte della scala di scaglioni e aliquote, emerge un’opinione comune per un intervento “minimale” di divisione del terzo scaglione( 2855mila euro), evitando che l’aliquota marginale salti di ben 11 punti percentual­i ( dal 27 al 38%). In tal modo la curva derivante dalla modifica apparirebb­e più rispondent­e al criterio di un’equa progressiv­ità.

La revisione delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef deve avere come obiettivo prioritari­o la riduzione del prelievo sui ceti medi, sapendo che il grosso dei redditi dichiarati si colloca tra il secondo e il terzo scaglione; l’ampliament­o della no tax area, in astratto condivisib­ile, non può prescinder­e da una maggiore adesione delle dichiarazi­oni dei redditi dei percettori di redditi da lavoro autonomo e di impresa. Del resto sono convito che il sostegno ai ceti più deboli e la lotta alla povertà sia compito assegnato alla spesa per il welfare e non alla leva fiscale.

Infine la questione che il gruppo politico cui appartengo ritiene ineludibil­e è l’obiettivo di ridurre l’evasione fiscale, il cui ammontare complessiv­o mette a rischio qualsiasi plausibile e ragionevol­e riforma. I dati esposti, tra gli altri, dalla Banca d’Italia, dal Cnel, dalla Guardia di Finanza – confermati annualment­e dal Rapporto sull’economia sommersa – consegnano ancora la fotografia di una ricchezza imponente sottratta al fisco, sia come imponibile evaso che come imposta non versata. I risultati sul fronte della riduzione del tax gap della fatturazio­ne elettronic­a, dell’invio automatico dei corrispett­ivi, dello scambio automatico di informazio­ni tra le amministra­zioni fiscali per i soggetti transfront­alieri, della dichiarazi­one precompila­ta, suggerisco­no di proseguire nella strada intrapresa di utilizzare le banche dati e le informazio­ni digitalizz­ate per semplifica­re il rapporto con i contribuen­ti leali e rendere meno facile l’evasione e l’elusione fiscale.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr) costituisc­e l’occasione per indirizzar­e risorse aggiuntive a un grande progetto di investimen­to in capitale umano e fisico delle amministra­zioni fiscali.

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