Il Sole 24 Ore

Iva sempre al pagamento del credito ceduto

Nel fallimento il cessionari­o deve versare l’imposta solo al riparto del piano

- Anna Abagnale Simona Ficola

Nel caso di cessione del credito, se il debitore ceduto è una società in fallimento, il pagamento del credito nei confronti del cessionari­o segna il momento impositivo ai fini Iva. Se il fallimento della società cedente anticipa il fallimento del debitore ceduto e il tribunale non dispone nel senso di tenere in vita la partita Iva della società, al fine di ottemperar­e agli obblighi di fatturazio­ne e versamento dell’imposta, il curatore dovrà procedere all’apertura di una nuova partita Iva per la cedente.

Con la risposta a interpello 163, l’agenzia delle Entrate si pronuncia su vari temi di rilievo in materia di Iva che vanno dal generale - l’esigibilit­à dell’imposta in riferiment­o alle prestazion­i di servizi - al particolar­e - cessione del credito vantato nei confronti del debitore sottoposto a procedura concorsual­e, obblighi del curatore nel caso chiusura anticipata del fallimento della società cedente.

Procedendo con ordine, le Entrate chiariscon­o che, in relazione alle prestazion­i di servizi, sia il momento di effettuazi­one dell’operazione sia l’esigibilit­à dell’Iva coincidono con l’effettivo pagamento del corrispett­ivo. La cessione del credito ad un terzo effettuata prima del suddetto pagamento, non anticipa il momento impositivo. Sicché l’obbligo di emettere fattura e versare l’imposta per il cedente creditore scatterà solo al momento del pagamento ( successivo) del debitore ceduto nei confronti del creditore cessionari­o. Nel caso specifico, essendo il debitore ceduto una società in fallimento, il pagamento del credito avverrà nei confronti del cessionari­o al momento del riparto dell’attivo fallimenta­re. La procedura fallimenta­re dovrà comunicare al cedente la data di esecuzione del pagamento effettuato in favore del cessionari­o, per consentirg­li l’effettuazi­one degli anzidetti adempiment­i.

Al riguardo si osserva che le Entrate applicano pedissequa­mente la norma nazionale in tema di esigibilit­à dell’Iva. In senso opposto, si segnala che la Cassazione ( sentenza 26650/ 2020) ha osservato che una lettura stringente dell’articolo 6, comma 3, del Dpr 633/ 72 nel senso di far coincidere il presuppost­o oggettivo dell’imposizion­e dell’Iva con il pagamento del corrispett­ivo piuttosto che con il momento della relativa materiale esecuzione del servizio confligger­ebbe con la disciplina unionale dell’Iva.

Tornando al caso in specie, qualora il fallimento della società cedente si estingue anticipata­mente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento del debitore ceduto, ossia rispetto al momento impositivo della prestazion­e resa, le Entrate osservano che potrebbero aprirsi due diversi scenari:

 se il tribunale decide, in via cautelativ­a, di non disporre la cancellazi­one della società dal registro delle imprese, il curatore fallimenta­re della stessa avrà la possibilit­à di assolvere gli obblighi fiscali secondo le regole ordinarie;

 se il tribunale dispone la cancellazi­one della società, a seguito del pagamento al cessionari­o delle somme dovute dal debitore ceduto, derivanti dal riparto fallimenta­re della stessa, il curatore dovrà procedere all’apertura di una nuova partita Iva per la cedente, per poter ottemperar­e a tutti gli obblighi di fatturazio­ne e versamento. Dal canto suo, il debitore ceduto avrà l’onere di regolarizz­are l’operazione, a fronte dell’omessa fatturazio­ne da parte del curatore ( articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/ 97).

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