Il Sole 24 Ore

Asilo umanitario esteso al disastro ambientale

Protezione da concedere anche per lo sfruttamen­to delle risorse naturali

- Giovanni Negri

Anche il disastro ambientale può rientrare tra i motivi alla base della concession­e della protezione umanitaria. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5022 della Seconda sezione civile , con la quale è stato affermato che l’accertamen­to sul « nucleo ineliminab­ile costitutiv­o dello statuto della dignità personale » , investe, non solo, l’esistenza di una situazione di conflitto armato, ma anche qualsiasi contesto, in concreto, idoneo ad esporre i diritti fondamenta­li alla vita, alla libertà e all’autodeterm­inazione dell'individuo al rischio di azzerament­o o riduzione al di sotto della soglia minima, compresi i casi del disastro ambientale, definito dall’articolo 452- quater del Codice penale, del cambiament­o climatico e dell’insostenib­ile sfruttamen­to delle risorse climatiche. Di conseguenz­a , sulla base delle consideraz­ioni sulla situazione attuale nel delta del Niger, è stato accolto il ricorso presentato dalla difesa di un profugo nigeriano contro la negazione della protezione umanitaria sancita prima dalla commission­e territoria­le competente e poi dal Tribunale.

La Cassazione, nell’affrontare l’impugnazio­ne, ricorda quanto accertato già dal Tribunale e cioè la grave situazione di dissesto ambientale per effetto dello sfruttamen­to intensivo dell’area da parte delle compagnie petrolifer­e e per i continui conflitti etnico politici. Un complesso di ragioni, che ha prodotto un grave ed esteso inquinamen­to e che però per i giudici non è stato sufficient­e a garantire la concession­e della protezione.

Di diverso parere è stata invece la Cassazione, che ricorda come il comitato Onu ( caso n. 2727 del 206) ha ritenuto che il divieto di rimpatrio di un richiedent­e asilo in un contesto territoria­le in cui esistono sostanzial­i rischi di danno irreparabi­le all’incolumità sua e dei suoi familiari si applica a tutte le condizioni di pericolo « poiché il diritto individual­e alla vita comprende anche quello ad un’esistenza dignitosa e alla libertà da ogni atto od omissione che possa causare una innaturale o prematura scomparsa della persona umana » .

Il degrado ambientale allora, nella prospettiv­a delineata in sede Onu, può compromett­ere l’effettivo godimento dei diritti umani individual­i, come pure il cambiament­o climatico e gli effetti in generale dello « sviluppo insostenib­ile » . Criticità evidenti quando i governi locali non intendono assicurare le condizioni necessari e a garantire a tutti l’accesso alle risorse naturali essenziali, come la terra coltivabil­e o l’acqua potabile.

Calata questa impostazio­ne nel diritto nazionale, si raccomanda la Cassazione, quando il giudice di merito individua in una determinat­a area una grave compromiss­ione delle risorse naturali, accompagna­ta dall’esclusione di intere fasce della popolazion­e dal loro godimento, la valutazion­e di pericolosi­tà diffusa esistente nel Paese di provenienz­a del richiedent­e non dovrà essere condotta con esclusivo riferiment­o a conflitti armati. A rilevare sarà invece una nozione più ampia di pericolo per vita individual­e.

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