La rinuncia alle cure fa crollare l’uso dei farmaci ospedalieri
La pandemia ha avuto un forte impatto anche sul consumo dei farmaci ospedalieri. Il loro consumo nel 2020 - sempre secondo il provider globale di dati sanitari Iqvia - ha toccato i 10,2 miliardi di euro, 613 milioni in meno rispetto al 2019 (- 5,7%). Questo calo a valori è stato sicuramente provocato da un mancato accesso alle cure per le malattie non- Covid. A volumi il calo è stato ancora più rilevante segnando un - 14 per cento.
Un esempio evidente è stato il calo del 42% nella somministrazione di prodotti per le maculopatie (- 67 milioni di euro). Infatti, la paura del Covid ha spinto i pazienti in terapia con questi farmaci a rinunciare alle cure ospedaliere. Questo è avvenuto anche se gli oculisti hanno raccomandato di non interrompere le cure perché si rischia di perdere i benefici causando una ripresa della maculopatia, in alcuni casi irreversibile.
Per quanto riguarda le classi di farmaci più impattate dal Covid, si nota una diminuzione del 13% a valori nell'uso degli antimicrobici in ospedale (- 30 milioni di euro), e un calo del 22% a volumi. Infatti, si pensa che il lockdown, la riduzione degli incontri e dei viaggi e l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale abbiano ridotto le infezioni batteriche. Inoltre, nel 2020, è stato ridotto il ricorso alla chirurgia se non indispensabile.
Anche il consumo di corticosteroidi è diminuito in ospedale (- 14% a valori), ad eccezione del desametasone, usato per i pazienti Covid, che è aumentato dell' 11%. Mentre nel 2020 il consumo di eparine, anche esse adottate per i pazienti Covid, è aumentato del 3% (+ 1,7 milioni di euro) in ospedale e del 18% (+ 7 milioni) in distribuzione per conto.
Tuttavia, una consistente influenza sulla diminuzione a valori dei farmaci ospedalieri è stata determinata anche dalla contrazione nel consumo dei medicinali contro l'epatite C ( HCV). Grazie a esse è stato possibile il progressivo debellamento di questa malattia potenzialmente letale e la riduzione dell'esigenza dei trapianti di fegato per questi pazienti. Nel 2020 il calo nel consumo di farmaci anti- HCV ha significato un risparmio di 509 milioni di euro per il Ssn rispetto al 2019 (- 60% vs 2019). L'obiettivo ora è di trattare chi non sa di essere positivo all'HCV.
Anche la crescita nell’uso di biosimilari in immunologia ha pesato sulla contrazione a valori dei consumi di farmaci ospedalieri. Nel 2020, l'utilizzo dei biosimilari al posto dei farmaci originator, ha indotto un risparmio di 94 milioni rispetto al 2019 (- 23%). Questo fenomeno è evidente, in particolare, nel caso di alcuni prodotti oncologici come gli antineoplastici HER- 2 (- 40 milioni di euro) e i fattori di crescita coinvolti nella vasculogenesi VEGF/ VEGFR (- 47 milioni). Altri prodotti oncologici, come per esempio quelli per il mieloma multiplo e le Car- T, sono invece in crescita di circa il 6% rispetto al 2019 (+ 171 milioni).