Sud, sfida ( difficile): spendere 20 miliardi di fondi Ue all’anno
Semplificazioni per il nuovo piano Ue da estendere agli altri fondi. Problemi sulla riserva del 34% minimo d’investimenti al Mezzogiorno
Fino a 20 miliardi l’anno da spendere entro il 2023: è la prova dura che aspetta amministrazioni centrali, Regioni ed enti locali operativi sull’utilizzo dei fondi al Sud, alla luce dei tempi stretti e delle performance di spesa storicamente negative nelle politiche di coesione.
Fino a 20 miliardi all’anno da spendere da qui al 2023. È una prova senza appello quella che aspetta amministrazioni centrali, Regioni ed enti locali impegnati nell’utilizzo dei fondi al Sud. La stima, che incrocia dati dell’Agenzia per la coesione, della Ragioneria dello Stato e del Piano nazionale di resistenza e resilienza, fa ben capire che i tempi stretti per impiegare i fondi del Next Generation Eu sono solo una minima parte del problema da affrontare. Alla luce soprattutto delle storiche performance di spesa nelle politiche di coesione. Carenza di competenze specifiche nelle fasi di progettazione e affidamento delle gare, incertezza normativa, difficile collaborazione tra gli enti coinvolti, scarso monitoraggio dei risultati, assenza di veri incentivi e sanzioni sono solo alcuni aspetti della complessità e, per scioglierla, difficilmente basteranno le procedure speciali in arrivo per il Next Generation Eu, soprattutto se non saranno estese agli altri grandi capitoli di spesa per il Mezzogiorno.
L’Agenzia per la coesione ha stimato che solo tra fondi strutturali del ciclo 2014- 2020 ancora da spendere, inizio del ciclo 2021- 2027 e fondi del programma React- Eu ( parte del Next Generation Eu) fino al 2023 al Sud dovranno essere spesi tra 9 e 10 miliardi annui. In particolare, per il React Eu si tratta di 8,77 miliardi nel triennio quindi in media 2,9 all’anno. Ulteriori stime si possono fare utilizzando altri dati. Nel caso dei 191,5 miliardi del Recovery Fund, il pezzo principale del piano Next Generation, si può calcolare come base minima il 34% di spesa per il Sud prendendo a riferimento il parametro della popolazione residente ( anche se il ministero dell’Economia preannuncia nel documento finale una quota anche più alta, almeno il 40%). Si tratterebbe di circa 65 miliardi, da spendere in questo caso entro il 2026. Nel primo triennio, considerato prudenzialmente un utilizzo del 30% perché è nella seconda metà del periodo che si dovrebbero concentrare cantieri e realizzazione dei progetti, si tratterebbe di 20 miliardi quindi 6- 7 miliardi annui. Infine c’è il Fondo sviluppo e coesione. In questo caso, un parametro utile può essere il Quadro finanziario pluriennale contenuto nel rapporto dei Conti pubblici territoriali che segnala una media di spesa annua al Mezzogiorno di 2 miliardi. Considerando le procedure di parziale accelerazione avviate lo scorso anno con il piano Sud si può salire ottimisticamente a 3 miliardi all’anno.
Complessivamente, dunque, si arriva a circa 20 miliardi annui fino al 2023. Un valore che andrà comunque verificato sul campo perché i precedenti dimostrano che la capacità progettuale ha una sorta di tetto fisiologico e se la spesa sale su una delle fonti rischia di calare su un’altra. Torniamo così al tema iniziale cioè a quella sorta di limite non scritto, ma che è nei fatti, alla capacità di spesa. E non giova alla causa la confusione sulla famosa clausola del 34% minimo di spesa ordinaria in contro capitale al Sud. Per alcuni sarebbe più efficace fissare come obiettivi minimi non le risorse ma i risultati, ad esempio in termini di asili nido, scuole a tempo pieno, trasporti pubblici con tempi di percorrenza accettabili. Ma, al di là di questo la clausola, di cui tanto si parla, è un grande punto interrogativo. Il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta ha sottolineato che per determinati programmi di investimento occorrerebbero indicatori più specifici. E il Dpcm del 21 gennaio 2021 che ha stabilito come verificare il riparto delle risorse ha pesantemente delimitato il campo escludendo i programmi di spesa « che non abbiano criteri o indicatori di attribuzione già individuati » ,